Il silenzio del gol dopo l’apice contro l’Inter
Si direbbe, volendo dargli un tono da romanzo, che tre indizi facciano una prova. Da quando Anguissa ha chiuso la festa con l’Inter, in quei sedici metri “nemici” del Napoli sembra essere calato il buio. Sono passati 270 minuti – esclusi i recuperi – senza ritrovare quella lucidità sottoporta che aveva acceso la notte del Maradona.
La squadra di Conte, reduce dallo 0-0 contro il Como e dal pareggio a reti bianche con l’Eintracht, ha perso fluidità e fiducia negli ultimi venti metri. I dati, ma anche le sensazioni, parlano di un Napoli bloccato, incapace di concretizzare la mole di gioco prodotta.
Un attacco che non punge più
Dopo la “scorpacciata” con l’Inter, la seconda in Champions chiusa senza segnare ha certificato il problema. Il Napoli ha perso la pulizia nel palleggio e la creatività che De Bruyne garantiva nel cuore dell’azione. Con il belga fuori per infortunio, Conte ha dovuto ridisegnare la squadra, chiudendo contro l’Eintracht con un 4-3-3 più classico, affidandosi all’energia di Elmas come esterno alto insieme a Hojlund e Politano.
Un esperimento dettato dall’urgenza più che da convinzione tattica, ma che ha mostrato almeno la voglia di cercare varianti. Senza la fantasia del suo uomo più talentuoso, il Napoli ha dovuto affidarsi a soluzioni più dirette e a palle inattive: emblematica la spizzata vincente di Anguissa a Lecce, uno degli ultimi lampi di efficacia offensiva.
L’eredità di De Bruyne e la crisi creativa
Non è un caso se la flessione sia coincisa con l’assenza del belga.
De Bruyne rappresentava il filo che univa la costruzione alla finalizzazione, e la sua perdita ha costretto Conte a chiedere a Hojlund movimenti più di raccordo, togliendogli la libertà di attaccare la profondità.
Il tecnico ha tentato di compensare con l’inserimento di Lang e Neres, ma i risultati restano modesti.
Nella scorsa stagione, una crisi simile arrivò nello stesso periodo: 59 gol in 38 partite, media bassa per una squadra abituata a dominare. Il mercato estivo aveva cercato di correggere quella lacuna, puntando su giocatori dal profilo più offensivo, ma gli infortuni — da Lucca a De Bruyne — hanno congelato le nuove soluzioni.
Di Lorenzo: “Non ci allarmiamo, il gioco c’è”
A riportare calma è il capitano Giovanni Di Lorenzo, che invita a non drammatizzare:
«Nel complesso abbiamo fatto un’ottima gara. Non sempre potrà andarci male. Ci saremmo dovuti allarmare se non avessimo costruito. Ci è mancata la finalizzazione. Avremmo meritato la vittoria e faremo l’impossibile per andare avanti in Champions».
Le parole del capitano riflettono la fiducia nello spirito del gruppo e nella guida di Conte.
Il problema, però, è evidente: 20 gol in 14 partite complessive tra Serie A e Champions non bastano per le ambizioni europee del Napoli.
Conte e la ricerca della scintilla
Il tecnico azzurro dovrà ora lavorare su concretezza e convinzione.
Le occasioni create restano, ma la squadra sembra aver smarrito la lucidità nel momento decisivo.
Conte, che in passato ha saputo trasformare difficoltà simili in carburante, cerca la formula giusta per riaccendere l’attacco e restituire ritmo e fiducia ai suoi “guerrieri”.
Il Napoli resta vivo, ma deve ritrovare quella cattiveria sottoporta che lo aveva reso irresistibile contro l’Inter.
La Champions non aspetta: servono gol, servono risposte.
Fonte: Gazzetta






