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Andrea Abodi
Andrea Abodi

Il Consiglio dei Ministri ha appena approvato un Decreto legge che segna una svolta epocale nel calcio professionistico e, più in generale, negli sport di vertice in Italia. La modifica, apparentemente piccola ma dal grande impatto, riguarda la durata massima dei contratti sportivi professionistici: dal tradizionale limite di cinque stagioni si passa a otto. Un cambiamento che, dopo oltre quarant’anni, promette di rivoluzionare il rapporto tra club e atleti, con effetti destinati a riverberarsi anche a livello internazionale.

Un contratto più lungo per un investimento a lungo termine

L’articolo 11 del nuovo Decreto introduce un’unica parola che cambia tutto: “otto” al posto di “cinque”. Questa modifica consente alle società sportive di vincolare i calciatori per un massimo di otto anni, ampliando notevolmente il periodo di durata dei contratti rispetto al limite storico fissato dalla legge 91 del 1981 e confermato dal D.Lgs. 36/2021. Il risultato è una maggiore stabilità per le società, che potranno così considerare i calciatori come veri e propri asset strategici da valorizzare nel medio-lungo termine. Oltre a stabilizzare i rapporti di lavoro, la possibilità di contratti più lunghi consente ai club di diluire gli investimenti in un arco temporale più esteso, rendendo più sostenibili le spese legate all’acquisto e alla valorizzazione degli atleti. Questa nuova prospettiva finanziaria potrebbe favorire il ritorno delle “bandiere”, i giocatori simbolo che rappresentano il legame tra squadra, città e tifoseria, rinvigorendo così il senso di appartenenza e l’affezione dei fan.

Andrea Abodi

 

Verso una nuova regolamentazione internazionale

Se in Italia il provvedimento rappresenta una novità, a livello globale il cambiamento apre importanti interrogativi. Attualmente, il Regolamento FIFA sullo status del calciatore consente la risoluzione unilaterale del contratto dopo due stagioni per i giocatori over 28 e dopo tre stagioni per i più giovani, indipendentemente dalla durata massima di cinque anni. Con l’allungamento a otto anni, la FIFA sarà chiamata ad aggiornare le proprie norme per bilanciare la maggiore tutela dei club con i diritti dei giocatori.

Tra le ipotesi allo studio, vi è l’estensione del periodo protetto per il recesso unilaterale: da due a quattro anni per gli over 28 e da tre a cinque per gli under 28, o l’introduzione di un tetto percentuale sul periodo contrattuale durante il quale il giocatore non può rescindere senza conseguenze. Qualunque sarà la strada scelta, la riforma italiana rappresenta un modello che potrebbe influenzare l’intero panorama internazionale, imponendo un nuovo equilibrio nel delicato rapporto tra società, atleti e intermediari.


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