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Antonio Conte e Aurelio De Laurentiis
Antonio Conte e Aurelio De Laurentiis

Un fiume in piena. Così si può descrivere Antonio Conte nel post partita Inter Napoli. Un'ondata tanto potente da rompere gli argini degli studi televisivi e che, con ogni probabilità, ha impedito agli opinionisti del salotto di porre altre domande al tecnico leccese.

Antonio Conte e le sue conferenze mai banali

Antonio Conte in conferenza stampa
Antonio Conte in conferenza stampa

Ancora una volta si prende la scena a modo suo, quasi ai livelli del suo celebre "sono antipatico perché vinco". Chissà cosa avrà pensato quella parte di piazza (piccola, sia lodato il Signore) che pensava che Conte fosse la manna dal cielo piovuta sulla comunicazione del Napoli.

Finalmente, col suo avvento, avremmo finito di parlare di "aiutini", di "fantasmi", di "partite perse in albergo" e di chissà quanti altri sostantivi provinciali. Invece il tecnico primo in classifica rilancia con un nuovo tormentone: i "retropensieri".

Che è molto più potente di tutte le altre cose messe insieme. Una parola mai sdoganata da queste parti che fa il paio con tutto ciò che è sempre stato contestato. Il provincialismo.

Più passano i giorni e più Napoli dimostra di non conoscere minimamente Antonio Conte. Il suo carattere. Il suo pragmatismo. I suoi pensieri. Anzi, i suoi retropensieri. Credono che il salentino viva davvero partita per partita, che sia pura essenza del verbo quanto riferitoci in conferenza stampa.

Inter-Napoli ne è la conferma: Conte crede nello scudetto

Gli azzurri esultano dopo un gol

La verità è una sola. Conte sa benissimo di avere una ghiotta opportunità. Quest'anno, non l'anno prossimo o tra 2 anni. Ma oggi. È troppo intelligente da non sapere che questa squadra può lottare seriamente per il titolo, che può correre punto a punto con le sue dirette concorrenti. Soprattutto perché, ad oggi, non esistono schiacciasassi come negli ultimi due campionati. 

Conte conosce bene il calcio, le sue dinamiche. E se deve insinuare dubbi nel popolo, lo fa. Perché se ne fotte altamente di essere tacciato per provinciale. Lui ci sguazza nel fango del populismo. Il problema non è suo, ma di chi credeva che Napoli si fosse liberata dei masanielli della panchina.

Un brusco risveglio, non c'è che dire. Così come le arrampicate sugli specchi del giorno dopo da parte di chi, ancora una volta, ha preso un abbaglio. Di chi ha sempre criticato una certa comunicazione "populista" e oggi scrive di "Marotta League".

Dal canto nostro, non abbiamo mai minimamente pensato che Conte davvero credesse che il Napoli era quello del decimo posto. Nemmeno lontanamente ci è sfiorata l'idea che si sarebbe accontentato della qualificazione Champions (che sarebbe chiaramente un upgrade rispetto alla scorso anno). Conosce benissimo i sacrifici societari, il suo stipendio per non sentire nella sua anima la responsabilità di provarci già da oggi. Poi se non verrà, pazienza. Capiremo i motivi e magari applaudiremo lo stesso.

Oggi non è tempo per la solita contrapposizione "giochisti" contro "risultatisti". Che il Napoli debba crescere nel gioco, è sotto gli occhi di tutti e lo ha ammesso lo stesso Conte post Empoli. Oggi è il tempo del "retropensiero". È il tempo di restituire il calcio alle lotte clandestine intrise di sudore e provincialismo.

In fin dei conti questo è il pallone. Altrimenti non ci sarebbe nessuna differenza tra tifare Napoli o tifare, ad esempio, Juventus, Inter, Milan o Roma. Ed è proprio nel momento in cui una piazza prova a omologarsi a un'altra che finisce il tifo.

Per fortuna arriva Conte e rimette tutto a posto, le cose nel loro ordine naturale. Ed un sospiro di sollievo allieta la giornata. E, a renderla ancora più interessate, è stato il comunicato del Napoli, nel quale Aurelio De Laurentiis ribadisce ciò che Conte aveva urlato nel post Inter.

I "retropensieri". Non osiamo immaginare cosa avrebbero detto i contestatori seriali del club, se il patron avesse scritto quelle parole senza che il salentino le avesse anticipate. Menomale che Antonio c'è.


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