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Antonio Conte
Antonio Conte

La Gazzetta dello Sport elogia la figura di Antonio Conte, attualmente primo a quattro gare dal termine col suo Napoli.

Conte è un top: altro che far pochi danni

“Se l’allenatore bravo è «quello che fa meno danni», allora da quando i tecnici sono considerati veri top player viviamo tutti in un inganno collettivo. Il Barça di Guardiola, il Milan e il Real Madrid di Ancelotti, l’Inter di Mou, nomi di big tra i tanti, cos’erano, invenzioni della stampa? L’identificazione di una squadra con il tecnico e non soltanto con il fuoriclasse non è una novità: in tempi eroici c’erano già l’Inter di Herrera e il Milan di Rocco oltre Mazzola e Rivera. La domanda su cosa sarebbe stata l’Olanda di Cruijff senza Michels resterà sempre senza risposta, ma negare il ruolo degli allenatori, nel bene e nel male, è snob.

Napoli di Conte, si tratta di un prodigio?
Napoli di Conte, si tratta di un prodigio?

Questa di Allegri e di tanti altri illustri colleghi, da Ancelotti a Ranieri, è una bella frase a effetto e ha un’urgenza di fondo: smitizzare quelli che si ergono a profeti di un nuovo credo calcistico. Ma, sbagliamo, o c’era anche “la Juve di Allegri”? Vinse cinque scudetti di fila e raggiunse due finali di Champions mutando continuamente identità, non solo tattica, per adattarsi alla realtà che cambiava. Non tutti avrebbero raccolto l’eredità di Conte, altro “scultore”, rimodellando ed esaltando il materiale a disposizione, senza far finire un ciclo. La verità è che non era scontato che quella Juve continuasse a dominare.

In campo vanno i giocatori, e sono loro che decidono una partita nel bene e nel male, ma le scelte di partenza le fa il tecnico. La formazione.

I cambi giusti e sbagliati. La gestione del gruppo. L’idea di gioco. La carica (o la depressione) psicologica. Davvero qualcuno pensa che, senza Bearzot, l’intuizione di “dare” Maradona e Zico a Gentile, l’insistenza al limite dell’autolesionismo su Rossi, e la difesa strenua del gruppo, avremmo vinto il Mundial? E vogliamo parlare di Lippi che rese d’acciaio un gruppo a rischio implosione e poi, in semifinale con la Germania a Dortmund, osò sfidare gli ospitanti nei supplementari con quattro attaccanti? Chissà cosa sarebbe il calcio oggi senza le rivoluzioni di Sacchi e Guardiola: magari migliore, chi può dirlo, di sicuro molto diverso. Stesso discorso, come minimo, per basket (Peterson) e pallavolo (Velasco).

Conte ed il rifiuto dell’allenatore-spettatore

Senza andare così lontano, ci sono esempi continui di allenatori che indicano la strada del successo, o sbagliano, oltre i giocatori. L’ultimo è un habitué di questa dimensione: Conte. Uno che non ha mai accettato l’idea che l’allenatore fosse spettatore. Conte vince con Siena, Juve, Chelsea, Inter, con tutti tranne il Tottenham, ed è a un passo dal ripetersi. Conte l’integralista ha schierato questo Napoli con il 3-4-2-1, il 4-3-3 e il 4-2-4. Conte ha fatto diventare McTominay, scaricato dallo United, il giocatore più decisivo che ci sia. Ha rilanciato Lukaku, Politano, Di Lorenzo e risolto l’addio di Kvara. Conte fuoriclasse anche mediatico. Ha preso un Napoli in disfacimento e l’ha riportato alla bellezza di Spalletti, un altro che dà sempre un’identità alle sue squadre. Tra loro due, al Napoli, risultati molto diversi con più o meno gli stessi giocatori.

I tecnici sbagliano anche, le idee si esauriscono, e aggiornarsi non è mai scontato. Mou è stato un precursore ma ha frenato il suo slancio. Un giorno anche Trap, dopo essere stato un vero maestro mondiale, è rimasto un po’ nel passato. Mancini ha creato uno dei capolavori moderni di calcio bello e vincente all’Europeo e, pochi mesi dopo, ha perso tocco e visione. Viene in aiuto la saggezza dello stesso Trap che diceva: «Se la palla va a Platini o a Bonini non è la stessa cosa». Sicuro. Solo che a dire a Platini «fai quello che vuoi» sono bravi tutti. Qualcosa di speciale Trap deve avergli chiesto, come Ancelotti, altro top seriale, a Ronaldo e Guardiola a Messi. Conte non ha Messi e neanche Salah, Osimehn, Kane e Yamal, ma non si può discutere che il risultato finale non sia una somma dei componenti del gruppo, ma una moltiplicazione. Soltanto perché non ha fatto danni? Per dirla alla Moretti, continuiamo così, prendiamoci in giro”.


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