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L'allenatore del Napoli, Antonio Conte
L'allenatore del Napoli, Antonio Conte

Antonio Conte ha impiegato solo dodici gare di campionato per passare, anima e corpo, dall’altro lato della barricata. Nel post partita di Inter Napoli, il tecnico azzurro ha deciso di bruciare la sua copertura.

Per chi scrive, ma soprattutto per il suo passato, Antonio Conte conosce vita morte e miracoli del lavoro politico e mediatico che c’è dietro lo storico strapotere dell’asse Milano-Torino. Ne ha assaporato benefici e vantaggi.

Inter, Milan e Juventus, da sempre, si alternano alla guida politica della Serie A. Un triumvirato che vive di un equilibrio strategico: fingono di farsi la guerra, ma hanno l’interesse comune di non disperdere potere al di fuori del loro asse.

Conte e De Laurentiis sono una bomba a orologeria per la Serie A

Aurelio De Laurentiis e Antonio Conte
Aurelio De Laurentiis e Antonio Conte

Il connubio Conte De Laurentiis è una bomba a orologeria per la Serie A. Ma non per gli affari interni al club azzurro, come qualche previsione estiva insinuava. L’ex Juventus ha dato credibilità e forza alla rivoluzione ideologica che il patron ha iniziato sin dai primi anni della sua gestione.

Il Napoli è l’unico vero movimento di opposizione alla governance italiana. Il club è riuscito a portare il concetto di competitività oltre i parametri della vittoria a tutti i costi, collocando il trionfo in una dimensione mai tossica.

Ha costretto gli avversari a invertire una rotta economica non sostenibile se non con l’appoggio incondizionato di una Lega che guarda alle poltrone e alla conservazione dello status come obiettivo unico.

Lo sfogo di Conte, nella notte di San Siro, ha rinvigorito la storica posizione del club, che ora può contare su una figura attendibile in materia di potere extra campo. Il club dei politici del pallone è ora costretto a misurare parole e reazioni.

Fin quando è il solo De Laurentiis a parlare di concorrenza sleale e retropensiero, isolarlo è un gioco da ragazzi. Basta far leva su argomenti che toccano anche debolezze di larga parte dei tifosi azzurri, mai schierati e allineati fino in fondo con l’idea e la mission sportiva del proprio club. 

Dopo le polemiche, Conte si è messo spalle al muro: al suo Napoli ora tocca stravincere già con la Roma

Rigore non concesso a Kvaratskhelia contro il Como
Rigore non concesso a Kvaratskhelia contro il Como

L'impatto mediatico della notte di San Siro è stato di quelli che segnano una stagione con un prima e un dopo. Lo sfogo di Conte ha acceso definitivamente i riflettori sul Napoli. Le conseguenze per il club azzurro possono essere molteplici. Una cosa è certa: ora inizia un’altra Serie A.

Dopo aver alzato la voce, Antonio Conte ha più che mai disperato bisogno di dare una sterzata alla filosofia di gioco del suo Napoli, che si discosti quanto più possibile dal concetto di speculazione del risultato. A partire proprio da domenica prossima, quando al Maradona di Fuorigrotta arriverà la Roma di Sir Claudio Ranieri e tutto il romanticismo disperato che i vari podcast del tubo (primo polo d'opinione sportiva del paese) non vedono l’ora di sviscerare. 

Agli azzurri non è mai stato concesso il lusso di poter gestire il risultato. In realtà, nessuna squadra che abbia ambizioni può sviluppare la capacità di riuscire a tenere sistematicamente le partite in bilico, se non coadiuvata da un sistema arbitrale che tenda a proteggerla nei momenti chiave del match. Tocca tenere gli avversari quanto più lontani dalla porta. Avere l’idea di offendere per difendersi è una necessità, non un dogma prettamente edonistico.

È più probabile che le parole di Antonio: "Se c'è un errore il Var deve intervenire. Altrimenti si creano retropensieri", balbettate; nevrotiche; elettriche, possano aggravare la posizione del Napoli.

È meno probabile, invece, che restituiscano agli azzurri la garanzia di una competizione equa. Per quanto concerne il sottoscritto, chi si illude del contrario non ha ben capito come funziona il calcio in Italia.

Conte si è messo spalle al muro. Da solo. Se da altre parti vincere è l’unica cosa che conta, all’ombra del Vesuvio provare a stravincere è l’unica possibilità di giocarsi le proprie chance.

A Conte non resta che adattare il suo format alla realtà Napoli

Conte in conferenza
Antonio Conte

Ci riempiamo la bocca con frasi trite e ritrite, figlie di un calcio da Prima Repubblica, trascurando spesso la profondità di concetti nobili come quello della mentalità vincente: riducendo tutto alla vittoria si fa un torto al percorso.

Conte non si illuda: senza adattare il suo format - vincente dove però si è sempre vinto - a Napoli ha poche chance di successo. Si immerga nella causa azzurra definitivamente. Riveda le sue idee di partenza. Percorra nuove strade ideologiche. Se può servire, attinga dal suo passato. Rispolveri persino l’attitudine del suo Bari. Una squadra innovativa e moderna.

Lo faccia per sé stesso e per la sua cifra tecnica. Non si conceda il lusso di sentirsi arrivato. Antonio ha tanto da dare al Napoli. Più di quanto crede. Conte, invece, ha anche tanto da prendere dal Napoli. Il matrimonio funziona quando si mischiano le anime tanto da confonderne i bordi dei pregi e dei difetti.

Ora che gli occhi sono tutti sul Napoli occorre trovare la forza per dominare gli episodi e tornare a essere indipendenti. Diversamente, si corre il rischio di giocarsi il campionato su un campo che non sarà mai habitat naturale del club che ora allena.


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