Napoli sogna la Formula 1, ma la realtà è ben diversa
Si è riacceso il dibattito attorno all’idea di un ipotetico GP del Mediterraneo da disputare tra le strade del capoluogo campano. Un’ipotesi affascinante ma che si scontra con ostacoli concreti di natura logistica, economia e politica

Da qualche giorno riecheggia un’immagine potente: le monoposto di Formula 1 che sfrecciano lungo il lungomare partenopeo, con il Vesuvio sullo sfondo e il Castel dell’Ovo a incorniciare una scena degna del miglior glamour monegasco. Una visione dal forte impatto simbolico, che accende l’immaginazione degli appassionati.
A promuovere l’iniziativa (leggi qui) è il “Comitato promotore per la Formula 1 a Napoli”, guidato da Enzo Rivellini - politico di lungo corso della destra napoletana -e affiancato da nomi di rilievo come Costanzo Jannotti Pecci, presidente dell’Unione Industriali, e Paolo Scudieri, imprenditore e sponsor in F1 tramite il marchio Adler, partner tecnico del team Alfa-Sauber, che orbitava nell’universo Ferrari prima di essere inglobato nel programma Audi che debutterà ufficialmente nel 2026.
Anche il sindaco Gaetano Manfredi ha aperto a questa possibilità, ricordando che “Nessuno si aspettava che Napoli potesse ospitare la Coppa America, e invece è accaduto”. Tuttavia, organizzare un GP è tutt’altra storia.

Fra sogno e realtà: servono progetti, fondi e visione
Conoscere le dinamiche interne del mondo F1 basta per ridimensionare facili entusiasmi, che rischiano di restare puro storytelling. In questo caso, infatti, non basta un bel panorama: servono fondi consistenti. Liberty Media, il gruppo americano che detiene il Circus, guarda poco al fascino delle location se non sono accompagnate da solide garanzie economiche.
Un calendario affollato e la regola del “no double”
Il primo scoglio è regolamentare: il calendario della Formula 1 è già carico, con 24 tappe fissate anche per il 2025. Teoricamente si potrebbe arrivare a 25, ma FOM (Formula One Management) e i team, firmatari del Patto della Concordia, non sono favorevoli a ulteriori espansioni.
In più, Liberty Media Corporation adotta una linea chiara: evitare la duplicazione di Gran Premi nello stesso Paese, salvo rare eccezioni come Stati Uniti e Spagna. L’Italia ha già Monza, icona del motorsport mondiale. Imola è appena stata esclusa dal calendario proprio per questioni legate a questa politica.
Pensare che Napoli possa subentrare o affiancarsi a Monza è, al momento, altamente improbabile. Anche perché molte piste storiche europee (vedi Hockenheim, Nurburgring, Paul Ricard, Magny-Cours e via citando) faticano a tenere il passo con i nuovi standard economici e mediatici imposti dalla proprietà americana della F1. Per non parlare di Spa-Francorchamps che ha dovuto subire l'umiliante accordo di alternanza per resistere nel calendario della massima serie.
Il caso Zandvoort e la corsa per il posto vacante
Dopo il 2026, Zandvoort saluterà il Circus. Si libera uno slot, ma le pretendenti sono già numerose e agguerrite: Thailandia e Sudafrica sono in pole position, forti di proposte concrete e promoter pronti a investire cifre importanti. Le trattative con Stefano Domenicali, CEO della Formula 1, sono in fase avanzata. Di Napoli, invece, non c’è traccia. Anche perché, al di là delle dichiarazioni, manca del tutto un piano industriale, logistico ed economico.
GP Napoli - Costi stellari, piani incerti
Un Gran Premio cittadino è un’impresa colossale. Solo la tassa da versare a Liberty Media può superare i 60 milioni di euro a stagione e di certo non scende sotto i 30, benchmark fissato dal recente rinnovo di Monza. Senza contare le spese per infrastrutture, sicurezza, logistica e adeguamenti alle normative FIA. Montecarlo può permetterselo perché gode di una conformazione unica, supporti istituzionali fortissimi e sponsor da capogiro.
A Napoli, come ha ammesso lo stesso Paolo Scudieri, è impensabile replicare certi modelli: “[…] difficile fare come a Monaco, dove si affittano i balconi a 30.000 euro”. Il supporto istituzionale resta flebile e, cosa ancora più grave, non esiste un business plan né il coinvolgimento dell’Automobile Club d’Italia, che è un passaggio imprescindibile.
Gli ostacoli sociali e ambientali
Anche se si superassero i vincoli internazionali ed economici, resterebbe la questione più delicata: quella cittadina. Napoli ha una storia di resistenza civica verso eventi considerati invasivi. Qualche anno fa fu annullato un evento del campionato turismo proprio per le proteste dei residenti, contrari alla presenza di strutture temporanee che alteravano il paesaggio. Anche oggi basterebbe una mobilitazione minima per bloccare ogni ambizione.

GP Napoli: l’incanto di un’idea senza fondamenta solide
Il Gran Premio di Napoli è senza dubbio una suggestione affascinante: una location iconica, un tracciato potenzialmente vario e impegnativo, capace di mettere alla prova telai e strategie. Ma al momento resta solo un’idea, senza basi strutturate.
I costi, i regolamenti, i limiti del calendario e l’assenza di un progetto concreto rendono il tutto poco più che un esercizio di fantasia. Per rendere concreta un’ipotesi simile servirebbe un coordinamento politico, tecnico ed economico di alto livello. Ma ad oggi, quel circuito che dovrebbe far tremare Montecarlo esiste solo sulla carta. E nemmeno su quella più importante: quella degli investimenti.