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Spalletti
Spalletti

Luciano Spalletti, ex allenatore del Napoli, dopo il passaggio sul suo addio al club azzurro e il mancato rinnovo nel suo libro “Il Paradiso esiste… ma quanta fatica”, scritto dal mister insieme a Giancarlo Dotto, non ha mancato di rendere omaggio ai protagonisti dello storico scudetto conquistato.

Napoli e lo scudetto: Spalletti omaggia i suoi gregari

Non ce l’avrei mai fatta senza un gruppo di professionisti veri. Onestamente devo ringraziare chi giocava meno come Elmas, Raspadori e Simeone. Un altro ragazzo esemplare fu Demme che con me non giocó quasi mai, mentre nella precedente gestione era un perno. E pensare che molti li chiamavano “riserve”.

Ancora oggi mi emoziono quando sento “O core nun tene padrone” di Liberato e l’elenco finale con i numeri dei miei ragazzi mi arriva come una poesia che può ascoltare solo il cuore".

Spalletti esalta il suo gruppo 

"Il mio lavoro ha esaltato il gruppo, ma è vero anche il contrario. Eravamo un’orchestra perfetta che ad un certo punto sapeva benissimo suonare da sola. Non ci siamo mai specchiati nella nostra bellezza, e ce n’era tanta. C’era infatti tantissimo sacrificio.

L’azione manifesto per me è stata quella contro il Sassuolo quando una banda di assatanati rientra in massa dopo un angolo battuto male. In quella corsa c’è il concetto di squadra dove tutti si sbattono".

Spalletti e il legame con la città di Napoli

"Si ha spesso l’idea di Napoli di una città che cerca sempre di prenderti qualcosa. Credo che per capire Napoli devi finirci dentro, all’inizio magari ti spaventi, ma poi è bellissima. È una città che vuole darti tutto ciò che ha e che non si tiene niente per sè, nel bene e nel male. A Napoli non sei mai in riserva, ti nutre a tempo pieno.

Quando il sindaco mi ha dato la cittadinanza mi ha cambiato geneticamente e mi ha dato una botta di orgoglio. A Napoli ho scoperto che la gioia più bella è quella che sai dare agli altri. Nessuno sa essere felice come i napoletani”.


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