Un nuovo nome per l’associazione dei club europei
Da qualche giorno, il panorama del calcio europeo ha accolto una novità significativa: l’associazione che riunisce i club del continente non si chiama più ECA (European Club Association), ma EFC (European Football Clubs). Il cambio di denominazione è stato ufficializzato durante un’assemblea generale svoltasi a Roma, un evento che non si è limitato a un semplice rebranding istituzionale, ma che ha portato con sé anche riflessioni e proposte destinate a influenzare il futuro del gioco.
Il nuovo nome, secondo alcune fonti interne, rispecchia la volontà di rendere l’associazione più inclusiva e riconoscibile a livello globale, sottolineando il legame diretto con il calcio piuttosto che con la struttura associativa. Ma l’interesse mediatico dell’assemblea non si è fermato all’aspetto formale: durante le discussioni, infatti, si è aperto un dibattito che potrebbe ridefinire l’organizzazione tecnica delle squadre europee.
Secondo quanto riportato dalla BBC, alcune tra le società più importanti del continente avrebbero tenuto “discussioni informali” su un possibile ampliamento delle rose e sull’aumento delle sostituzioni consentite durante le partite. Non si tratta ancora di una proposta ufficiale, ma l’idea ha già suscitato grande attenzione nel mondo del calcio, dato che tocca uno dei pilastri fondamentali del regolamento del gioco.
L’ipotesi di rose da 28 giocatori e sei sostituzioni: opportunità o rischio?
Attualmente, il sistema standard utilizzato nei principali campionati europei e nelle competizioni UEFA prevede rose composte da 25 giocatori senior e un massimo di cinque cambi per partita, una regola introdotta in via straordinaria dopo la pandemia e successivamente confermata dall’IFAB (International Football Association Board). L’eventuale estensione a 28 giocatori e una sesta sostituzione avrebbe l’obiettivo di ridurre il carico fisico e mentale dei calciatori, soprattutto in un calendario sempre più fitto di impegni.
Tuttavia, la proposta divide il mondo del calcio. Da un lato, i club più ricchi vedrebbero nella misura una possibilità per gestire meglio i propri organici e ridurre gli infortuni, dall’altro i sindacati dei calciatori sollevano dubbi sulla reale efficacia di tale intervento. La Professional Footballers’ Association (PFA), ad esempio, teme che l’allargamento delle rose non migliori le condizioni dei giocatori, poiché questi continuerebbero a viaggiare, allenarsi e partecipare alla vita di squadra anche senza scendere in campo.
Sulla stessa linea si è espressa la FIFPro, il sindacato mondiale dei calciatori, che in un rapporto ufficiale ha ricordato come «anche chi non gioca nemmeno un minuto deve comunque essere presente, prepararsi mentalmente e partecipare pienamente alla preparazione del team». In altre parole, la fatica fisica e mentale non si misura solo nei minuti giocati, ma anche nell’impegno complessivo richiesto dalla professione.
Per ora, l’IFAB non è stata formalmente coinvolta nel processo di valutazione, ma il fatto che i club più potenti d’Europa abbiano iniziato a discuterne è già un segnale di quanto il tema sia destinato a entrare presto nell’agenda ufficiale del calcio mondiale. Il dibattito, dunque, resta aperto: tra la necessità di tutelare i giocatori e quella di adattare il gioco moderno ai nuovi ritmi, il futuro del calcio europeo potrebbe presto cambiare ancora una volta.






