Dal mito al murale: la nascita del tempio popolare
Quando Diego Armando Maradona muore, Napoli cerca un nuovo punto d’equilibrio tra memoria e mito. Lo si trova ai Quartieri Spagnoli, davanti al murale dipinto da Mario Filardi nel 1990, un Diego gigante che domina il vicolo come un santo laico. Quel ritratto, nato come opera d’arte urbana, si trasforma presto in un mausoleo a cielo aperto.
Durante la pandemia, senza avere un luogo fisico di culto, il murale diventa lapide, icona sacra e simbolo d’identità collettiva. Poi arrivano i pellegrinaggi: prima i napoletani, poi i turisti, fino agli allenatori come Mourinho e Conte. Ma, come ricorda il testo, quel muro non è un luogo “maradoniano” autentico: lo è diventato per forza di popolo. I veri luoghi di Diego sono altrove — Soccavo, Fuorigrotta, via Scipione Capece, il lungomare, il Golfo. L’opera d’arte era lui, non la sua immagine.
Il culto si trasforma in mercato
Sotto i piedi del Maradona dipinto si è formato un nuovo altare ma quello del commercio. Magliette, candele, fiori, poster e souvenir: un blob di oggetti che racconta la sacralità moderna di Napoli. Il sentimento popolare ha costruito un’economia della devozione attorno alla sua figura.
Come in vita, anche in morte, Maradona resta “La fabbrica di cioccolato”: meraviglia e caos. Già nel 1986 Gianni Minà lo aveva colto lucidamente. «Io non voglio che il miliardario si faccia più miliardario con Maradona», diceva Diego. Oggi il rischio è lo stesso: il culto si piega al consumo, e la fede si confonde con la merce.
La protesta sotto il murale e il nodo della legalità
L’attualità riporta il mito nella cronaca. Dopo le multe del Comune, i venditori coprono il murale per protesta, lasciando senza foto i turisti. A guidare la rivolta è Antonio Esposito, detto “Bostik”, che rivendica la gestione di Largo Maradona, ex Largo Emanuele De Deo.
La scena ricorda Café Express di Nanni Loy: l’ambulante che diventa stanziale, inseguito dalle regole e dalla realtà. Napoli si ritrova così sospesa tra legalità e devozione, turismo e sostenibilità.
Non basta custodire un mito per mantenerlo vivo: serve una visione di città. Maradona, anche da morto, illumina il problema — Napoli non sa ancora cosa vuole diventare. In un film, Diego scenderebbe dal muro per cacciare i mercanti dal tempio. Ma la realtà è meno poetica: qui il tempio è diventato mercato, e il culto un’economia che non conosce tregua.
Fonte: Gazzetta






