In quella terra di nessuno che da sempre è casa sua, Kevin De Bruyne continua a disegnare calcio. A 34 anni, con l’eleganza di chi ha attraversato il tempo senza subirlo, il belga è il punto luminoso di un Napoli che cerca di ritrovare la strada maestra dopo il buio di Eindhoven. Il talento non ha età, ma va protetto e compreso: in un contesto che fatica a ritrovare equilibrio, la luce di KDB serve a guidare il gruppo fuori dal tunnel. Il suo tocco resta inconfondibile, capace di cambiare ritmo e destino alle partite, ma la squadra deve ritrovare compattezza e fiducia per permettergli di esprimersi davvero.
Il paradosso De Bruyne
Il paradosso è servito: De Bruyne, uomo ovunque e per definizione “soluzione”, si è trasformato nel “problema” tattico del Napoli. La convivenza con McTominay, compagno di squadra e di vita a Varcaturo, ha complicato l’assetto del centrocampo. Il “Fab Four” partenopeo, senza il faro di Lobotka e con uno scozzese spesso irriconoscibile, ha perso fluidità e armonia. Il calcio di KDB vive di spazi e movimenti imprevedibili; se gli si toglie libertà, lo si priva della sua essenza. Eppure, i numeri parlano per lui: tre gol già decisivi in campionato, oltre 190 reti in carriera, e la solita capacità di trasformare l’ordinario in straordinario.
Conte e la ricerca dell’equilibrio
Antonio Conte, che lo ha voluto fortemente per aggiungere leadership e visione, ora lavora per ridisegnare attorno a lui un Napoli coerente. Il tecnico pugliese sa che il belga può essere la chiave per risolvere gli squilibri tattici e restituire ordine a una squadra che ha smarrito la sua identità difensiva. Con De Bruyne al centro del progetto, l’obiettivo è ritrovare intensità e convinzione, trasformando il talento individuale in forza collettiva. In campo, l’ex City si muove tra la mediana e la trequarti, alternando regia e incursione, mentre Conte prepara nuove diagonali e soluzioni offensive per farlo brillare senza sacrificare l’equilibrio.
Un simbolo oltre il tempo
Kevin De Bruyne non ha bisogno di dimostrare nulla: la sua carriera, fatta di assist visionari e leadership silenziosa, parla per lui. Ma in questo Napoli che cerca riscatto, il suo ruolo va oltre la tecnica. È l’uomo chiamato a dare esempio, a trasformare la malinconia di Eindhoven in energia nuova. «Sono abituato a giocare in sei posizioni diverse. Per me è tutto uguale. Conta solo come interpreti», ha detto di recente. Ecco la chiave: interpretare, non subire. Il Napoli lo sa — e con KDB al centro dell’universo azzurro, può tornare a sognare.
Fonte: Gazzetta






