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Ci sono le voci di fuori, e qualcuna anche da dentro. E poi ci sono quei richiami più silenziosi, ma profondi: quelli dell’identità, dell’anima. Roba che nel mercato conta eccome, specie quando si parla di rivoluzioni. Perché sì, anche una squadra che vince deve ritoccarsi. Poco o tanto, dipende. Ma prima ancora di mettere mano al futuro – magari bussando a Londra per un colloquio col Chelsea – c’è da definire alcuni paletti. Anzi: pilastri.

Il Napoli che verrà non riparte da zero. Ha radici forti, ben piantate nei suoi uomini simbolo. Fedelissimi, silenziosi e fondamentali. Alex Meret, il più longevo, difende la porta da sette anni: 259 presenze, rinnovo in arrivo, stile sobrio e parate decisive. Poi c’è Giovanni Di Lorenzo: sei stagioni in azzurro, 270 partite, tre anni da capitano e leader riconosciuto. Ha vissuto anche momenti di incertezza, come la scorsa estate, ma resta una delle colonne tecniche e morali del gruppo.

La difesa gira attorno a Rrahmani: ora si punta su Chalobah

E ancora più in fondo, in quella spina dorsale che tiene insieme passato e futuro, ci sono Amir Rrahmani e Stanislav Lobotka. Due che hanno lottato per farsi spazio, superando l’impatto iniziale tra scetticismo e difficoltà. Rrahmani è arrivato nel 2020, ha atteso sei mesi per l’esordio e superato un errore pesante a Udine che poteva segnarlo. Ma oggi, con 175 presenze e due trionfi in bacheca, è una certezza assoluta. In questa stagione non ha saltato nemmeno una gara: 38 su 38, sempre al centro della difesa. E Conte, che lo conosce e lo stima, vuole ricominciare proprio da lui.

Il reparto difensivo, in ogni caso, sarà rinforzato. Il nome più caldo è quello di Trevoh Chalobah del Chelsea: inglese, classe ’99, 26 presenze nell’ultima Premier, preferito al più costoso Beukema del Bologna. Manna, il ds, aspetta il momento giusto per intavolare il discorso con il club londinese, ma prima serve liberare un posto: in uscita c’è Rafa Marin. Intanto, il blocco difensivo ruoterà attorno a Rrahmani e Buongiorno, con Juan Jesus e il giovane Marianucci a completare il reparto. Quattro competizioni impongono profondità.

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Lobotka e Rrahmani al Maradona

Lobotka resta il cervello: nessuno spegnerà la sua luce

E poi c’è lui: Lobotka. Caso unico, esempio vivente di trasformazione. Alla prima stagione raccolse appena 530 minuti e visse anche un problema alla tiroide. Poi Spalletti gli ha dato fiducia e ne ha fatto il regista ideale, il faro del centrocampo. Una sorta di Iniesta in miniatura. Oggi ha una clausola da 26 milioni, ma il club gli ha già fatto sapere che non intende privarsene. Perché il cervello del Napoli è lui, anche se attorno gli hanno affiancato Anguissa, De Bruyne, McTominay e Gilmour. Ma la bussola resta slovacca.

Il nuovo Napoli, tra mercato e memoria, tra presente e fedeltà, prende forma. E riparte da chi ha già dimostrato di saperlo tenere in piedi.

Fonte: Gazzetta


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