Napoli, la corsa al fotofinish è una questione di nervi

È il momento delle ansie. Del dolore ai fianchi. Della ricerca dell'occupazione del tempo.
Approcciarsi alle ultime due partite di questo campionato è un lavoro di costruzione della serenità.
Esorcizzare la paura
C'è chi fa finta di non pensarci e sorride innanzi a battute improponibili. Così come c'è chi dice di pensarci continuamente e diventa un mattone pronto a schiacciare il circondario. Tutti, a prescindere, sono condizionati dagli eventi futuri e restano in attesa.
Ormai non è più una questione tecnico-tattica. Il Napoli ha già ampiamente dimostrato di essere una squadra imprevedibile, non preventivabile. Non ha un assetto definito, se la gioca col cuore e con l'istinto. E quando la si mette sul punto, si deve essere bravi a non lasciarsi trascinare dalle onde.
Aria d’impresa
Devo dire che Conte è un maestro di queste situazioni. Insinua nella sua e nella nostra pelle il senso dell'impresa per qualsiasi cosa. Contro qualsiasi avversario. E non si tratta della logica corsa al fotofinish, che di per sé rappresenta un baule di pensieri contrastanti e complessi. È sempre stato così, dal giorno 1 di questo binomio.
Di conseguenza siamo svegli ma svampiti, distratti dal richiamo del futuro breve di cui non conosciamo le fattezze. E non riusciamo minimamente a selezionare un'immagine definitiva. Impossibile.
Due anni fa eravamo al mare d'inverno. Questa volta non ci bagna a maggio. Meglio rimanere asciutti e vestirsi a (tanti) strati. Siamo aperti a tutto.
Sappiamo bene che in campo sarà una questione di nervi. Speriamo saldi. Forse accenderemo la TV con il dito inedito, quasi a rompere il nostro schema. Perché è ciò che vorremmo dalla squadra: freddezza e disponibilità a disattendere la routine.