Marek Hamsik: “Gli anni di Sarri sono stati i migliori per me”
Marek Hamsik, ex capitano del Napoli, ha descritto la sua lunga vita azzurra

Marek Hamsik, ex capitano del Napoli, ha descritto la sua lunga vita azzurra
Marek Hamsik, ex capitano del Napoli, ha rilasciato una lunghissima intervista a CalcioNapoli24.
Hamsik racconta tutti gli aneddoti relativi a Napoli
Hamsik: “La chiamata del Napoli? Ricordo la telefonata del mio agente, ero in vacanza in Giamaica. Lui mi disse dell'offerta e che c'era anche l'Inter oltre al Napoli. La proposta degli azzurri era molto più alta rispetto a quella interista e mi chiese se fossi interessato a questo trasferimento. Sapevo che il Napoli era stato promosso in A, non ci ho pensato su due volte ma dico la verità: non conoscevo bene la storia del club partenopeo.
La contestazione alla mia presentazione? Non presi la contestazione come rivolta a me, penso era nei confronti della società. Mi piaceva però ci fossero mille persone per vedere quella conferenza stampa. Quel numero di persone, le contavo la domenica nello stadio del Brescia. Da li ho capito che ero in una piazza diversa, con tanta passione verso la squadra. Non conoscevo bene
Lavezzi, ma questa foto rimarrà nel cuore dei tifosi del Napoli che non credevano in noi ma poi siamo diventati entrambi dei calciatori simbolo del club.
Quando arrivai a Napoli, il 17 era di Capparella. A Brescia giocavo con quel numero, ma essendo occupato, inizialmente scelsi il 27. Poi, non ricordo bene il perché, Marco decise di cambiare il numero con il mio. Non sapevo, neanche mi importava, del significato che aveva il 17 per la smorfia napoletana. Non ho mai creduto a queste cose. Alla fine quel numero mi ha portato bene sia a Brescia che a Napoli.
La cresta? Questo look, lo aveva già da giovanissimo allo Slovan anche se non era così evidente come nel periodo napoletano. Con il tempo è diventata una cresta più aggressiva, più punk, ma è diventata poi parte di me. Quando si parla di Hamsik, oggi la prima cosa che ti viene in mente è il look dei miei capelli. Come mi ha portato bene il 17, mi ha portato bene la cresta; su questo ci credevo davvero tantissimo. Si è trattato di un look penso iconico per la mia carriera ed anche per i tifosi del Napoli ed in generale nel calcio mondiale. Il 99% delle volte, quando ti dicono Hamsik, ti rispondono che è quello con la cresta.

Perché vivere a Castelvolturno? Per prima cosa perché volevo stare vicino al centro sportivo restando concentrato sul calcio.
Dopo il primo anno che ho scelto di vivere li, ho conosciuto degli amici. L'amicizia con loro è diventata sempre più importante, per questo poi decisi di stabilirmi lì definitivamente. A Castel Volturno ho ancora casa, è un posto speciale per me in quanto ho trovato delle amicizie vere che ancora oggi ho.
Reja? Mi ha lanciato nel grande calcio perché al primo anno di Napoli ero uno sconosciuto sia per lui che per i tifosi. Nella prima mia stagione in azzurro ho dimostrato a mister, al Napoli e dalla piazza che volevo fare grandi cose con questa maglia. Posso solo ringraziarlo per avermi dato questa possibilità.
Il gol al Cesena? "Già le prime amichevoli al San Paolo furono incredibili per me. Giocare davanti a 30-40mila persone è stata una sorpresa per me. Non avevo mai provato tutto questo, mi fecero capire quanta passione i tifosi avessero nei confronti della squadra. Volevo regalare loro il primo gol, ci stava che lo regalassi.
Il primo gol in campionato con il Napoli? Quel gol credo sia uno dei più belli che ho segnato con la maglia del Napoli. Fu una bella azione sotto tutti i punti di vista con Lavezzi che me la dà di petto dopo un passaggio di Zalayeta o viceversa. Fu un gol bello per la preparazione ma anche per tecnica. Fu emozionante segnare primo gol così bello in A. Lo dedicai alla mia compagna che è l'amore della mia vita. Noi ci conoscevamo dall'età di 13-14 anni ma ci siamo messi insieme
poi a 20.
Mazzarri? Con lui sono stati anni speciali perché siamo riusciti a qualificarci per la prima volta in
Champions arrivando secondo in campionato.
Abbiamo fatto annate importanti di squadra ma anche sotto il profilo personale segnando molti gol. Con il mister mi trovavo bene, mi dava libertà di attaccare tanto. Mi sono goduto quegli anni, con lui ho avuto davvero un rapporto speciale. Sul fatto che volesse 11 Hamsik posso solo dire grazie. Mi voleva anche all'Inter, ma per me è stato sempre difficile cambiare squadra. Alla fine non l'ho fatto.
Il 3-2 in casa della Juventus? Andai ad abbracciare mio padre dopo il gol, sapevo dove era seduto allo stadio. Andai a correre verso di lui e ci abbracciammo. Fu un gol speciale, una vittoria speciale contro una rivale storica che non accadeva da anni. Me la sono goduta pienamente. Mentre correvo dopo il gol ho detto tante parolacce in slovacco (ride ndr). Era tutta euforia.
La prima qualificazione in Champions? Era un grandissimo traguardo all'epoca. Non scorderò mai la prima gara in Champions al San Paolo con l'urlo "The Champions" diventato poi qualcosa di storico. A me, quel coro, mi fece venire la pelle d'oca quando l'ho sentito per la prima volta. Me lo sono poi goduto negli anni successivi.
La Coppa Italia? La sensazione era quella di aver chiuso la partita con quella rete a pochi minuti dal novantesimo.
Abbiamo fatto qualcosa di straordinario, una Coppa che mancava da tanti anni in città. Ricordo il ritorno a Napoli con tante persone che ci aspettarono per festeggiare. Facemmo festa per tutta la notte, tornai alle 8 di mattina a casa.
Il tridente Hamsik-Cavani-Lavezzi? Il nostro è diventato un trio storico per questa società. Posso solo essere fiero ed orgoglioso di aver fatto parte di questo tridente anche perché Edinson e Pocho hanno fatto carriere molto importanti, sono stati campioni fuori dal comune.
Sono due calciatori ai quali mi ispiro per fantasia e professionalità. Sarei curioso di sapere dai tifosi quale tridente ricordano dopo di noi. Sono orgoglioso di aver fatto parte di questa storia.
La Champions con Mazzarri? In quella edizione facemmo delle cose importanti. La nostra forza era il San Paolo, mettevamo in difficoltà qualsiasi avversario, tra questi c'era anche il Man City. Erano quelle gare che sognavi da bambino, il sogno poi è diventato realtà. Potersi confrontare con queste squadre insieme ai nostri tifosi è stato davvero speciale.
I gol al Villareal in Champions?
Devo dire che non mi è mai più capitato in carriera una cosa del genere (ride). Devo dire però che quello fu anche un gol molto importante, c'era tanta emozione da parte dei nostri tifosi che esultando spaccarono una barriera proprio dello stadio. Per fortuna nessuno si fece male, ma sono episodi che ti restano nella mente. Segnare in Champions era quello che sognavo da bambino.
La sfida al Chelsea in Champions? Fu davvero un peccato. All'andata dominammo, doveva finire 4-1 per noi. Dopo loro cambiarono mister ed alla fine ci eliminarono e vinsero pure la Champions. Fu annata incredibile per loro sotto questo punto di vista, dispiace perché non riuscimmo a mantenere il vantaggio conquistato in casa.
Starace? Tommaso è un'icona, unica persona che ha vinto quattro scudetti con il Napoli. Parliamo di un personaggio straordinario, sempre sorridente e positivo. Il suo caffè era abitudine per me. Gli voglio davvero bene.
Allegri mi voleva al Milan ed alla Juventus? La settimana scorsa lui è venuto qui a
Coverciano a farci una lezione. Quando è entrato nella sala, mi vede, mi indica e dice: "Hamsik, sei tu che non sei voluto venire con me due volte!
Quindi bocciato!". Ovviamente scherzava, so però che mi stimava e mi voleva prima al Milan e poi alla Juve. Non sono andato perché in primis non me la sono sentita e poi perché c'ho pensato due volte sul fatto di non voler cambiare maglia ed è finita là. Posso solo ringraziare il mister che mi ha sempre voluto in due squadre molto importanti però quella maglia azzurra me la sentivo addosso e non la volevo cambiare.
Higuain scelse di andare alla Juventus? Come hai detto tu, non giudicherò mai, sono scelte professionali condivise con la società che fece quasi 100 milioni di euro. Nel mondo del calcio, cose del genere sono normali. Sono cose personali, penso che anche lui sapesse della rivalità tra Napoli e Juve. Lui alla fine ha vinto gli scudetti, io che sono rimasto non li ho vinti. lo non ho rimpianti su questo e credo neanche Gonzalo li abbia.
De Laurentiis? Con lui ho sempre avuto rapporti buoni, aperti e senza problemi. E' stato sempre quello che quando dovevo rinnovare non ha fatto mai problemi. Già che ho rinnovato 5 volte in 12 anni è significativo da parte sua perché credeva in me come uomo e calciatore. Posso solo ringraziarlo.
E un grande Presidente, uno moderno che ha creato un Napoli forte e vincente. Posso solo fargli applausi.
Pechino? Non partecipammo alla premiazione per scelta della società ma anche per scelta nostra. La squadra non era contenta dell'arbitraggio che ci fu durante la gara. Credo nella buona fede, ci crederò sempre nello sport pulito. Purtroppo si devono accettare certe cose.
Benitez? Con il suo arrivo in panchina vennero tanti nomi importanti come Gonzalo, José, Albiol, Reina. Il mister è stato colui che ha iniziato a far arrivare a
Napoli grandi campioni. Con lui ho avuto un buonissimo rapporto, alla fine l'ho avuto anche in
Cina. Mi sono trovato bene, ho visto altri modi di vedere il calcio. Tutti sappiamo della questione legata al mio minutaggio all'epoca però sono un professionista, sono pagato anche tanto e ho sempre accettato le decisioni dell'allenatore. Non ho mai fatto discussioni per una sostituzione o per gare che non giocavo. Sono scelte dell'allenatore che un calciatore deve accettare.
La fascia di capitano ereditata da Cannavaro? Sono storie strane, non ero uno che si andava a cercare le fasce nel Napoli o nella Slovacchia.
Erano fasce che mi sono state date da campioni, dalla società, dal club. Ero uno che ci teneva alla maglia, l'ho sempre dimostrato e dichiarato, questa era la forza dell'uomo più che del calciatore. Un leader, per come lo intendo io, non è quello che va in campo e sgrida o fa gesti. Sono un leader, come sempre si è detto, silenzioso che si fa seguire. Uno professionista che si comporta nella maniera giusta come calciatore ed uomo.
La Supercoppa di Doha? Quando vinci un trofeo è sempre una giornata speciale. Alzare questa coppa come capitano del Napoli, contro una rivale storica, è sempre speciale. Purtroppo si giocò a Doha ed i festeggiamenti con i tifosi non furono come quando vincemmo la Coppa Italia nel 2012.
La Coppa Italia del 2014? episodi dove non ti puoi preparare, fu davvero una cosa inaspettata per tutti noi. Una cosa brutta, una cosa difficile da gestire ma alla fine si scelse di giocare. Uno deve pensare a quello che deve fare in campo dimenticando tutto il resto. Sul campo non si portano dietro problemi di casa, amicizie e di cose fuori allo stadio anche se sono episodi che non dovrebbero mai succedere. Volevamo dedicare quella vittoria a Ciro.
Il Napoli di Sarri? Ho sempre detto che sono stati i migliori anni della mia vita calcistica, mi sono goduto un calcio totale. Sono stati anni straordinari, mi sono goduto il calcio ai massimi livelli.
Maradona a CastelVolturno? Diego è anche difficile parlarne perché è un simbolo, un Dio per Napoli. Fu emozionante stringergli la mano e scambiandoci due parole.
Per lui era difficile anche muoversi perché ricordo che a Castel Volturno venne con una quarantina di carabinieri. Tutti volevano foto, autografi oppure stringergli la mano e per Napoli non poteva girare.Era un po' un casino per lui. E' stato incredibile, è stata la prima volta che ho visto un simbolo del Napoli.
Il gol con cui superai Maradona? Napoli aspettava solo quel gol mio, ci sta che fosse un po' stregato quella rete. Non è fu facile.
Quando arrivò fu bellissimo essere capocannoniere del Napoli superando Diego sono cose speciali personali che si sono goduti anche i
tifosi azzurri.
L’episodio di Pjanic ci condizionó? Non penso sia stato principalmente l'episodio che hai menzionato. E' stato sicuramente un episodio che ha potuto cambiare qualcosa, ma siamo noi che siamo scesi in campo il giorno dopo a Firenze. Più che l'episodio di Pjanic, è stata purtroppo l'espulsione di Koulibaly che ci ha fatto crollare il mondo addosso.
Ancelotti? Ero contento di averlo. Una persona straordinaria, un uomo positivo, sorridente e pronto a dare mano alla squadra. Con lui ho vissuto 6 mesi, ma ero strafece di farli. Lui credeva nel 4-2-3-1 o 4-3-3 spostandomi più dietro, non ho avuto problemi perché fa parte del mio Dna calcistico, avevo le qualità per fare il regista. Era un ruolo che mi è anche piaciuto.
La trattativa con la squadra cinese? Con i cinesi fu una trattativa non semplice, durò praticamente tutto il mese di gennaio. Fu una scelta non facile, ma che rifarei perché era un'offerta difficile da rifiutare.
Il mio sogno in futuro? Allenare il Napoli è qualcosa di troppo grande per me adesso. Sicuramente nel mio futuro c è la volontà di allenare una prima squadra. La cosa principale nella mia testa è far crescere i miei figli e, quando loro avranno una certa età, mi butterò nel calcio che conta. Devo fare tutto step by step.
Magari negli anni potrei diventare anche un grande allenatore, ma serve tempo”.