A tutto Conte: il mister racconta tutta la sua vita calcistica
Antonio Conte racconta tutti gli aneddoti relativi alla sua vita

A tutto Conte: il mister racconta tutta la sua vita calcistica
Antonio Conte, allenatore del Napoli, ha rilasciato alcune dichiarazioni a Sky in un’intervista a Federico Ferri e Federico Buffa.
Conte e la sua formazione
Conte: “L’educazione familiare ti segna. Il genitore deve sapere bene che ha un compito, deve educare bene i propri figli e far capire i valori. Cosa che purtroppo nell’ultimo periodo si sta perdendo.
Prima moglie e marito cercavano di tenere unita la famiglia, in particolare la donna, per crescerli nel modo giusto.
Io ho avuto un’educazione rigida. Da bambino se volevo avere qualcosa dovevo dare.
Per andare a giocare a calcio ad esempio dovevo andare a scuola.
Il calcio era la passione di mio padre che aveva una squadra dilettantistica. Da bambino aspettavo la domenica, per stare tutto il giorno con lui.
Quando ero piccolo compilavo le distinte, ero molto partecipe e lo vivevo con grande entusiasmo.
Mio padre preparava il tè che poi portava alla squadra…
Si preparavano i palloni…
La mia famiglia è stata importante per me.
Quando diventi calciatore devi sacrificare qualcosa. Io ho sacrificato l’adolescenza, gli amici….
Lo stesso dicasi da allenatore.
Quando smisi di giocare a calcio feci un’intervista dove dichiarai “Se in tre anni non arrivò ad alti livelli smetto di allenare”.
Col senno del poi sicuramente ho esagerato, ma ero feroce per cercare di raggiungere un obiettivo.
La ferocia con cui ti appresti ad arrivare a determinati traguardi fa tutta la differenza del mondo”.
Conte ed il Tottenham
Conte: “Venni ceduto per due palloni ed 800.000 lire.
Il Tottenham? È stato un anno duro, arrivai a novembre 2021 con il Tottenham nono ed arrivammo quarti superando l’Arsenal. Per loro arrivare in Champions era come vincere la Premier. A fine partita infatti si festeggió, ma io chiamai il mio staff per dirgli di non abituarsi a festeggiare un piazzamento.
L’anno dopo parlai con alcuni calciatori, io avevo firmato fino al 30 giugno 2023.
Quell’anno successe di tutto perché morì Giampiero Ventrone che in 2/3 settimane morì a causa della leucemia.
Questa è stata una mazzata psicologica, poi in quel periodo è morto anche Gianluca Vialli che avevo visto solo un mese prima con mia moglie a ristorante.
Era molto sereno e stava anche bene….
In quella cena avevo capito che c’era qualcosa che non andava. Lui dopo un mese infatti è mancato.
Anche la scomparsa di Sinisa mi ha colpito e mi hanno portato a ripensare ad alcune priorità.
La mia famiglia era in Italia ed ho iniziato a chiedermi quanto ne valesse la pena.
Questa cosa mi ha fatto cambiare alcune priorità.
È capitato anche di avere problemi di salute per problemi alla cistifellea.

Quel periodo mi ha fatto fare grandi riflessioni sulle priorità da dare. La mia passione per il calcio mi porta a superare tutte le difficoltà”.
Conte e la Juventus
Conte: “La chiamata della Juventus? C’è una storia particolare. Io al tempo allenavo il Siena dopo aver allenato Bari e Atalanta. Col Siena venni promosso e raggiungemmo l’obiettivo. Alla Juventus c’era Del Neri…
Io stavo tornando a casa e mi chiama Silvio Baldini, attuale mister del Pescara, che pochi giorni prima aveva visto assieme ad Adani un mio allenamento del Siena.
Lui mi disse “Vuoi allenare la Juventus?” Io risposi “Sì certo” e lui mi disse “Devi fare come Guardiola: vai da Agnelli e chiedigli di allenare la Juventus”.
Tornai a casa e cominciai a pensare su come raggiungere Andrea. Andrea e John Elkann erano due ragazzi appassionati di calcio.
A quel punto chiamo Giraudo e gli chiedo di parlare con Andrea Agnelli anche per salutarlo.
Lui mi disse che avevano deciso di continuare con Del Neri, ma io risposi che avrei voluto sentirlo per parlargli comunque.
Dopo qualche giorno Agnelli mi richiama dal telefono di Giraudo e chiede di rivederci dopo tanto tempo. Vado a casa di Agnelli, ci salutiamo, mi fece i complimenti per la promozione del Siena e mi chiese “Volete comprare qualche giocatore da noi?”. All’inizio capisco quindi che in quel momento non ero nella sua idea, ma rimanemmo a parlare 5 ore.
Io entro da allenatore del Siena, ed esco con la consapevolezza di dover parlare con Marotta. Avevo toccato le corde giuste.
Se sono alla Juventus lo devo a Silvio Baldini: senza di lui non ci avrei mai pensato di chiamare Agnelli.
A volte nella vita ci sono delle cose che ti cambiano il destino.
Vado alla Juventus e vinciamo subito e nasce una bellissima storia.
Il primo anno vincemmo lo scudetto da imbattuti nonostante il Milan fosse favorito, perdemmo solo la finale di Coppa Italia contro il Napoli di Mazzarri.
Da lì mettemmo delle basi importanti, nel terzo anno abbiamo fatto 102 punti.
Da lì è partito tutto.
Conte: “Juventus-Milan 2-0 del 2011 ci fece capire che potevamo competere. Quando vinci e domini contro i più forti niente ti è precluso.
Il procuratore di Pirlo mi chiamó sapendo che avrei giocato col 4-2-4 e mi disse “Sai, Andrea Pirlo è svincolato, può giocare nel tuo sistema?”.
Io conosco molto bene Tullio Tinti e dissi: “Guarda, sulla carta farebbe fatica, ma ha talmente qualcosa di diverso che deve venire a prescindere”. Noi iniziammo così, con Vidal in panchina che da subentrato segnò.
Iniziai a fare dei pensieri: un allenatore bravo deve imparare a modellare la stoffa che ha a disposizione. Quell’anno arrivammo al 3-5-2 per esigenze. Con quel modulo Pirlo si esaltava. Andrea vedeva cose che gli altri non vedevano. Con quel modulo si esaltavano anche Bonucci e Chellini.
Del Piero? Ho dovuto gestire l’ultimo anno di Alessandro alla Juventus. Dopo ogni pareggio la curva spingeva tanto per Alessandro, ma mi rispettava. Io avevo un rispetto enorme per Alessandro.
Del Piero fu veramente importante perché accettò di non essere un titolare, ma nei momenti in cui la palla scottava era decisivo.
Se Alessandro fosse venuto a chiedermi di stare un altro anno, io glielo avrei concesso, mi sarebbe piaciuto.
Gestire gli ultimi anni di grandi campioni non è semplice”.
Conte e l’Arezzo
Conte: “L’anno più importante in assoluto è stato ad Arezzo. Avevo una squadra con 9 punti di penalizzazione. Avevamo una squadra molto scarna. Venni esonerato dopo poche partite e prendono Sarri, poi mi richiamano. In quel frangente di tempo mi sono preso del tempo per diventare allenatore.
Pronti via non ero allenatore, ad Arezzo penso di essere un allenatore perché credevo di essere stato allenato da grandi tecnici.
Allora cercai di imparare e lì presi Costantino Coratti. Nelle ultime 12 gare ne perdemmo solo 1, andammo in C solamente per un punto.
Lì diventò allenatore, ringrazio Dio di essere stato esonerato.
Senza quell’esonero rimango giocatore e non allenatore”.
Conte sul Napoli
Conte: “È stato per me importante, fondamentale, l’anno in cui sono rimasto a casa. Mi sono messo a studiare veramente tanto anche col mio Subbuteo. Che a casa mia c’è sempre. Io tante situazioni le rivedo riportandole sul Subbuteo. Sia la fase offensiva, sia quella difensiva.
Io ho firmato un contratto di tre anni con il Napoli. L’obiettivo qual era? Quello che ho sempre detto: di costruire delle basi solide e non delle basi dove alla fine, alla prima situazione, potessero sgretolarsi. Come primo step ci siamo messi come obiettivo il ritorno in Europa, neanche la Champions League. Poi fare un altro anno di crescita, quindi prepararci per la terza stagione a provare a competere per vincere. Alla fine, ce l’abbiamo fatta con delle situazioni e delle forze che non erano da vincere lo scudetto. Il fatto che sia arrivata la vittoria del campionato, nella mia testa e nella mia visione nel mio progetto non ha portato a cambiare assolutamente niente.
Il mio confronto con De Laurentiis? Il discorso penso che sia il segreto di Pulcinella. Quello che è successo a gennaio e durante l’anno non è che mi ha reso proprio felice. Solo l’ultima settimana sono arrivati giocatori come McTominay, Gilmour, Neres, Lukaku… Arriviamo a gennaio e tutti quanti sapete benissimo cosa è successo. Io penso di essere stato molto bravo a incassare, a non dare alibi ai miei calciatori, a non dare soprattutto alibi a me stesso. Quando tu firmi ci sono oneri e onori, ok? Il primo anno di matrimonio magari poteva essere un po’ più turbolento e magari poi la stabilità avrebbe portato più conoscenza e fare le cose ancora meglio per migliorarci. Nel momento in cui ho avuto rassicurazioni da questo punto di vista, abbiamo continuato. Anche perché, comunque, c’è uno scudetto da difendere, c’è un lavoro da tutelare. Quello che mi è dispiaciuto è che su una possibilità di un eventuale divorzio tra me e il Napoli, a un mese o un mese e mezzo dalla fine del campionato si sia iniziato a parlare di me alla Juventus.
Se avevo un accordo con la Juvernus? No, assolutamente io non avevo nessun accordo con la Juventus e ho rifiutato categoricamente. Io a chiunque ha provato ad avvicinarsi ho sempre detto: “Signori, non incontro niente e nessuno, non parlerò con niente e con nessuno fino a quando non avrò parlato con il Presidente.
Questa storia rovinerà il rapporto con i tifosi della Juventus? Solo gli stupidi possono andare dietro a queste cose. Per me la Juventus è, era e sarà sempre la Juventus. Quindi nessuno, come ho detto, anche col Lecce, potrà mai inficiare il mio sentimento nei confronti della mia storia, di dove sono cresciuto. Mi dà fastidio perché tante volte dietro il mio personaggio tanti ci marciano. Tanti sono degli avvoltoi, perché comunque mi rendo conto che il mio nome è diverso rispetto a tanti.
Mi ricordo benissimo anche quest’anno alla presentazione del Napoli: noi siamo lì in piazzetta e a un certo punto i tifosi iniziano a chiedermi di saltare con loro: “Chi non salta juventino è”. Io stoppo tutti e dico: “Fermiamoci un attimo. Non mi potete chiedere ciò che non potrò mai fare”. Io sono sicuro che una volta che andrò via da Napoli, non mi metterò mai a saltare: “Chi non salta napoletano è”. Quindi ci deve essere una forma di rispetto. Come ho sempre ribadito, ho vinto tanto, da calciatore e anche da allenatore, ma ho perso anche tanto. E credetemi, le sconfitte che io ho avuto sono state importanti. Perché perdere tre Champions League, una finale di Coppa del Mondo o una finale dei Campionati Europei all’ultimo minuto – e al Golden Goal – o altre finali di Uefa o di Coppa Italia o scudetti persi all’ultima giornata… sono cicatrici profonde che tu comunque ti porti. Ecco perché a volte io tiro fuori una cattiveria che può far paura, a volte un pochettino timore. E cerco in tutti i modi di vincere, di vincere e celebrare la vittoria. Cosa che io in passato tante volte non ho fatto. Mi sono pentito di questo.
Si, a Napoli me la sono goduta. Perché, ripeto, si fa tanto per arrivare al traguardo e vincere. Una volta che ci arrivi te la devi godere, altrimenti non ha senso. Cioè non ha senso fare il percorso e non ha senso fare tutti quei sacrifici”.