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Pedro
Pedro

Pedro, attaccante della Lazio, ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport dove ha parlato di Napoli e non solo.

Pedro

Lazio-Juventus, spareggio per il quarto posto. Gara da dentro o fuori, giusto?

«Sì, proprio così, inutile girarci attorno, almeno per noi. Solo vincendo ci metteremmo in una posizione favorevole per arrivare quarti. Non sarebbe ancora fatta perché poi dovremmo cercare di vincere pure le partite successive (con Inter e Lecce, ndr), però faremmo un passo importante in quella direzione».

Cosa significherebbe per questa Lazio, partita tra mille dubbi e poche credenziali, arrivare in Champions?

«Sarebbe un risultato fantastico ed anche il premio ad un’annata in cui abbiamo fatto a lungo cose straordinarie».

Ci credevate all’inizio di poter arrivare così lontano?

«Non ci eravamo posti obiettivi specifici, come era normale che fosse visto il rinnovamento della rosa. Però abbiamo sempre creduto nella nostre potenzialità».

Ora l’obiettivo c’è, sarebbe un peccato farselo sfuggire.

«Sì, ma siamo tante squadre ad ambire a quel quarto posto. Non sarà facile».

La Juve lei l’ha affrontata (e battuta) in una finale vera, quella di Champions del 2015. Pronto al bis sabato?

«Speriamo. La squadra bianconera è un avversario sempre difficile, quest’anno ha avuto parecchie difficoltà, ma resta una formazione di grande livello. Tudor le ha dato una maggiore compattezza. È un ottimo allenatore, noi l’abbiamo avuto nella parte finale della scorsa stagione ed abbiamo imparato a conoscerlo e apprezzarlo. È uno che pretende tanto, ma che dà anche tanto».

Che partita serve per battere una squadra così?

«Dobbiamo giocare al massimo delle nostre possibilità. Essere sempre concentrati e non commettere errori. Perché contro questi avversari se fai uno sbaglio vieni immediatamente punito. È una gara da dentro o fuori, va interpretata così».

La qualificazione in Champions sarebbe anche il modo migliore di cancellare la grande delusione dell’eliminazione in Europa League.

«È stato un colpo duro, lo ammetto. Volevamo arrivare fino in fondo, quanto meno giocarci la semifinale col Tottenham. È andata così. Peccato perché il cammino in coppa era stato davvero notevole in precedenza. Chiaro che arrivare quarti in campionato sarebbe un’impresa per come eravamo partiti e quindi anche il modo ideale di archiviare quella delusione».

Certo che, se aveste vinto qualche partita in più invece che una sola delle ultime 10 giocate in casa, avreste già potuto iniziare i festeggiamenti.

«Vero. E il problema è che non capiamo neppure noi perché abbiamo vinto così poco all’Olimpico da dicembre in avanti dopo aver fatto il pieno all’inizio (6 vittorie e un pari nelle prime sette, ndr). Ma adesso conta solo il futuro, le prossime e ultime due partite che affronteremo in casa. Vinciamole e poi vediamo che succede».

Magari giocando anche con quella brillantezza ed efficacia con cui questa Lazio si è saputa spesso esprimere.

«Per un lungo periodo abbiamo giocato davvero bene, facendo un calcio d’attacco che coinvolgeva l’intera squadra. Poi abbiamo avuto un piccolo calo, ma è fisiologico, ora dovremo essere bravi a tornare a quei livelli, ma soprattutto a vincere. Adesso conta solo quello».

Quali sono i meriti di Baroni per una stagione che, a prescindere da come finisca, ha visto la Lazio andare oltre le aspettative?

«Notevoli. Non lo conoscevo, per me è stato una grande rivelazione. Ci ha dato un gioco moderno, spettacolare ed efficace. E sul piano umano è stato bravo a far crescere tutti. La sua qualità migliore è la sincerità. Che poi è una caratteristica che non tutti gli allenatori hanno».

Sembra quasi superfluo chiederle se merita la conferma.

«Ovviamente non sta a me dirlo, è la società che decide. Però mi auguro che gli sia data la possibilità di aprire un ciclo, perché sono sicuro che continuerebbe a fare bene, anzi penso che farebbe anche meglio di quanto fatto quest’anno».

A proposito di futuro, la prossima Lazio sarà ancora con Pedro?

«Spero proprio di sì. Per quanto mi riguarda ho deciso che giocherò almeno un altro anno (a luglio compirà 38 anni, ndr). Qui sto davvero bene e vorrei tanto continuare questa avventura».

Il ds Fabiani in pratica l’ha già confermata.

«Ho sentito le sue parole e mi hanno fatto molto piacere. Posso dire che stiamo discutendo il rinnovo (ha il contratto in scadenza, ndr) e penso che trovare un accordo non sarà un problema».

Fabiani ha anche detto che per lei ci sarà un posto nella Lazio anche quando deciderà di smettere.

«E anche questo mi ha fatto molto piacere. Questa sarà però una scelta da fare più avanti con la mia famiglia. Però sì, sarebbe bello restare alla Lazio anche dopo».

Ma si vede più allenatore o più dirigente?

«Quella di fare l’allenatore è una prospettiva che mi attira molto, ma non ho ancora deciso se intraprendere questa carriera. L’unica certezza, al momento, è che voglio restare nel mondo del calcio, con quale ruolo si vedrà».

Molti suoi ex compagni del Barcellona il salto l’hanno fatto.

«E infatti li sento spesso. Fabregas, per esempio, ma pure Xavi. È un ruolo affascinante, ma anche molto, molto difficile. Per adesso meglio pensare solo a giocare».

Quel mitico Barcellona in cui lei giocò si sta reincarnando nel Barcellona di oggi?

«Il paragone, anche se pesante, ci può stare. Rispetto a noi, all’inizio del nostro ciclo, loro sono ancora più giovani. Nonostante questo stanno facendo cose straordinarie».

L’Inter però li ha fermati.

«È stata una semifinale pazzesca, uno spot per il calcio. Un doppio confronto finito complessivamente 7-6 non credo abbia precedenti. Io penso che entrambe meritassero la finale per quello che hanno fatto prima in Champions e poi nello scontro diretto. Però una sola poteva passare e l’Inter lo ha fatto con pieno merito».

E adesso avrà la finale col Psg. Chi vede favorito?

«Impossibile dirlo. Il Psg di Luis Enrique è un’ottima squadra, ma pure l’Inter lo è. Sarà una sfida tutta da gustare».

Pedro sulla lotta scudetto

«Il Napoli ha un vantaggio importante, quasi decisivo. Però le ultime partite sono quelle più insidiose. Fino a quando non si taglia il traguardo tutto è ancora possibile».

Pedro su Conte: il suo Napoli non deve mollare la presa

«No, ma lo sa bene. Ho ottimi ricordi di lui nell’anno trascorso assieme. È certamente un grande allenatore».

E lei ne ha avuti tanti di big della panchina. Chi le ha dato di più?

«Da tutti ho imparato tanto. Se devo citarne uno però dico Guardiola, perché con lui sono diventato calciatore ed anche uomo».

Rispetto ai tempi del vostro Barça quanto è cambiato il calcio?

«Tantissimo. Come è normale che sia. Oggi si fa un gioco molto più fisico e forse c’è meno qualità. Anche se la velocità alla quale si viaggia rende il gioco comunque spettacolare. Però è anche vero che venti anni fa avevi fuoriclasse come Ronaldinho, Zidane, Del Piero, poi è arrivato Messi. Adesso ci sono invece meno talenti. Ma magari tra una decina di anni ci sarà una nuova virata: meno calcio fisico e più attenzione alla qualità».

Barcellona, Londra e ora Roma. Qual è la città migliore tra le tre in cui ha speso la sua carriera?

«E come si fa a scegliere? Barcellona è deliziosa ed ha il mare. Londra è Londra, una città che non dorme mai. Roma è calore e storia».

E tra Italia e Spagna? Meglio la paella o la carbonara?

«Diciamo che è una fortuna poter assaporare entrambe... E diciamo soprattutto che sono due Paesi davvero simili, praticamente uguali. E ognuno dei due bellissimo».


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