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La fase calante. Il declino. Il capolinea. Queste, a voler essere benevoli, sono le considerazioni che la piazza, o comunque la maggior parte di essa, aveva nei confronti di Aurelio De Laurentiis.

Sempre al centro del mirino, molto di più rispetto a quando lo stesso presidente si è seduto sul tetto d’Italia. Un uomo con il quale nessuno più voleva avere a che fare, trattato come la peste da un ambiente sempre troppo isterico rispetto alla realtà dei fatti.

La verità, come sempre, è ben altra. Il Napoli di De Laurentiis ha avuto la fila per essere allenato. Quella che è mancata lo scorso anno, quando questa squadra fresca vincitrice dello scudetto era una vera e propria patata bollente.

Pioli, Italiano, Conte, Gasperini, Juric, Farioli, Sarri ed altri avrebbero fatto carte false per sedersi sulla panchina degli azzurri. Ma il Napoli, nonostante un decimo posto e fuori da tutto dopo 14 anni, ha agito sul mercato degli allenatori da vero e proprio top club.

Contatta, allontana, parcheggia, richiama, colloquia, messaggia. Tutto nel silenzio più assoluto e più assordante. E naturalmente tutto ciò è passato per mancanza di programmazione. Per improvvisazione. Nulla di tutto questo.

Top club, dicevamo. Come possiamo definire un club che chiude l'anno al decimo posto in classifica ed ingaggia Antonio Conte? Quale altro aggettivo possiamo dare ad un club che ha totalmente sbaragliato le carte in tavola? Che ha giocato a poker e ne è uscito vincitore assoluto? Ha comandato il Napoli su tutta la linea, è evidente.

In 12 anni, il club capitanato dall'uomo in declino, ha portato alle pendici del Vesuvio tecnici del calibro di Rafa Benitez, Carlo Ancelotti, Luciano Spalletti e Antonio Conte. Meglio di tanti top club, appunto. La risposta alla megalomania di cui tanto si sono riempiti la bocca gli eterni contestatori, l'azione che sottolinea che gli errori, inevitabili nelle aziende, si commettono, si quantificano, si capiscono, si colmano.

La risposta definitiva, ove mai ce ne fosse ancora bisogno, al coro "non vuole vincere" che nemmeno lo scudetto ha zittito. Il colpo definitivo al papponismo, andato in letargo per pochi mesi e risvegliatosi più feroce di prima. Ma anche questo era scontato.

Quello che invece non era minimamente scontato è stato l'ingaggio di Antonio Conte. Ma il Napoli ci è riuscito. De Laurentiis ci è riuscito. Con forza, tenacia, visione. Con massima umiltà. Programmazione.

Come sempre, tranne una volta. E quella unica volta passata per regola e 19 anni per eccezione. Scontatissimo, anche questo.

Poteva accadere solo in una città dove si sveglia tutti i giorni credendo di essere il Real Madrid. Ma non ammette che, se davvero crede di esserlo, deve ringraziare la stessa persona che tanto viene criticata. Paradossi tutti partenopei.

Il Napoli, in controtendenza a quello che molti credevano, ha fatto il gioco del "parabrezza e del retrovisore". Quello che aveva avanti era molto più grande di quello che vedeva dietro, di quest'anno appena concluso in modo sciagurato. Chi agisce così, indipendentemente da tutto, può essere ritenuta un'azienda forte. Fortissima. Il Napoli riparte da Antonio Conte. Applausi.

https://youtu.be/2Mv5WsAI3SU?si=qM4n-qWf5MMlMrbX
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