Cannavaro analizza la cavalcata del Napoli di quest’anno

Fabio Cannavaro, ex difensore del Napoli, ha rilasciato un’intervista al Mattino.
Cannavaro sul Napoli che vince di misura
«I tifosi azzurri mi fermano e mi dicono: “Sai, però il Napoli vince ma non gioca bene”. Li guardo e dico: “Ma siete diventati tutti matti? Ma c’è qualcosa di più bello ed entusiasmante che essere primi e vincere, pure se per 1-0?”».
Cannavaro, che Serie A ha ritrovato?
«Abbiamo perso un po’ tutti la testa. Capisco che sia bello seguire le mode, filosofeggiare, esaltare la bellezza del gioco e del tiki-taka. Ma mi sa che abbiamo perso di vista l’essenza del calcio: vincere. C’è una bellezza nell’1-0 straordinaria, e faccio fatica a comprendere come possa non essere apprezzata».
Cannavaro sul Napoli primo in classifica
«Conosco Antonio, è un vincente. So che sa bene che si hanno più possibilità di vincere se si insegue il record di clean sheet piuttosto che un 4-3 ogni volta. Si torna al primato della difesa, che è l’essenza stessa del nostro DNA calcistico. Se il Napoli non ha mai preso gol su calcio d’angolo, significa che dietro c’è tantissimo lavoro, giorno dopo giorno».
Però Inter-Barcellona è piaciuta anche a lei, immagino?
«Certo, chi non si è divertito? Magari però ai catalani un po’ meno. Però a loro resta l’orgoglio di aver visto Yamal, Pedri e tutti quelli della nuova generazione del Barça giocare a viso aperto a San Siro».
Velasco sostiene che nella nostra Serie A Yamal e soci non avrebbero giocato.
«Non credo abbia ragione. Il punto è che non escono più talenti così dai nostri settori giovanili: sennò, chi non oserebbe rischiare con simili fenomeni? D’altronde, Donnarumma ha esordito a 16 anni, Tonali giovanissimo. Io la prima gara in Serie A l’ho fatta a 19 anni. La verità, amara, è un’altra: non ce ne sono in Italia».
La vittoria dell’Inter è un vantaggio per il Napoli nel duello scudetto?
«Non credo proprio. Il morale dei nerazzurri sarà alle stelle. Prima della gara con il Torino avranno cinque giorni per recuperare energie. Un successo così ti dà ancora più forza, ti dà la sensazione di essere imbattibile. Ma Antonio ha troppa esperienza per non sapere che deve pensare a fare sette punti in queste tre partite. Perché Inzaghi non mollerà».
Conte sembra tormentato da qualche dubbio sul futuro.
«Non so cosa farà. Ho letto l’intervista al Mattino del mio amico Ciro Ferrara (i due hanno insieme una Fondazione, ndr) che invece è sicuro che resterà. Io non ho le sue certezze. Capello diceva che gli allenatori bravi sono quelli che convincono i presidenti a comprare giocatori bravi. Lui l’estate scorsa ci è riuscito a meraviglia, ma a gennaio no. Ed è una cosa che gli pesa. Sia chiaro: anche io, se mi avessero venduto Kvaratskhelia senza prendermi nessun altro, avrei fatto “burdello”. La sua reazione è normale. Anche perché manda un doppio messaggio: ai calciatori, quello di non mollare; e alla società».
Tipo?
«In tanti, in Italia, hanno preso l’abitudine di vincere e poi andare via. Lui vuole garanzie sul mercato, lo vuole importante, da 200-300 milioni (ride, ndr). Le avrà? Il nodo è tutto qui»
In cosa è stato bravo Conte?
«In tutto. Ma non mi piace parlare di miracolo: c’è uno zoccolo duro in questo gruppo che spesso viene sottovalutato. Parlo di Di Lorenzo, Politano, Rrahmani, Lobotka, Meret. La sua bravura principale è stata nel gestire la società. L’anno scorso era un porto di mare, ora c’è solo uno che ha diritto a dire le cose, ed è lui. E lo fa in maniera perfetta».
A tre giornate dalla fine, che rischio c’è?
«Tre punti vuol dire una giornata storta e azzeri tutto il vantaggio. Ecco, il Napoli non deve mollare, sapendo che alle sue spalle è inseguito da una corazzata che ha una seconda squadra capace di battere il Verona in scioltezza».
Lei con il Real Madrid sa cosa significa vincere all’ultima giornata?
«Certo, “la remontada” di sette punti al Barcellona, con il successo nella Liga per la miglior differenza reti. Ha ragione Antonio: le insidie sono tantissime e si nascondono in gare all’apparenza agevoli, come quella con il Genoa. Ma lui sa bene che le cose si vanno a prendere, non si aspettano. Anche perché nessuno te le regala».
Uno degli uomini chiave sembra essere Lele Oriali.
«Nessun dubbio che lo sia. È uno dei pezzi di storia del nostro calcio, come Facchetti, Gigi Riva. Basta un suo sguardo. L’ho avuto al Parma e all’Inter: è un valore aggiunto enorme. Quando l’Inter mi diede alla Juventus, fu il primo a restare senza parole, perché aveva capito che i miei problemi alla tibia erano superati: “Hanno fatto un errore gigantesco e se ne pentiranno”. E infatti se ne sono pentiti».
Cosa vuol dire giocare bene?
«Ecco, bella domanda. Ho perso con la Dinamo Zagabria una partita con il 75% di possesso e 25 tiri in porta. Il 30% dei gol arriva su calci piazzati. Le emozioni le regala una vittoria, non certo 30 passaggi prima di arrivare in porta. La vittoria è quella che dà emozione. E io preferisco vincere 1-0 che perdere 4-3, come ha fatto Flick nella semifinale con il Barcellona».
Sarà contento Conte.
«Io, come lui, faccio parte di una generazione che, se non vince una gara, sta male per giorni. E poco importa della filosofia: il bravo allenatore è quello che riesce a far migliorare un proprio calciatore. È quello che dà davvero soddisfazione. Esattamente come è riuscito a fare Conte con il Napoli e in ogni posto in cui è andato».
Potrebbe vincere lo scudetto a Parma.
«Si chiuderebbe un cerchio: c’è la foto mia con Pino Taglialatela che piangiamo dopo la retrocessione degli azzurri, proprio dopo il ko al Tardini. Era il 1998. Io ero in panchina, perché quando c’era il Napoli non giocavo mai. Se il Parma dovesse essere già salvo, sarei contento di una vittoria del Napoli tra dieci giorni proprio lì».

Perché è finita a Zagabria?
«Sette giorni dopo che hanno mandato via il direttore che mi aveva portato, Marco Maric, hanno liquidato anche me. Sarei dovuto andare via lo stesso giorno. Mi spiace, perché poi è arrivato Boban. Alla Dinamo ho imparato un’altra lezione: devo smettere di buttarmi anima e corpo in casi complicati. Ho il fuoco dentro e voglio solo allenare. Ovunque. Ma voglio sbagliare da solo, iniziare un progetto dall’inizio e non caricarmi addosso problemi creati da altri».
L’Inter può vincere la Champions?
«Inzaghi ha dato dimostrazione che in Coppa è difficile da battere. Ha fatto una grande impresa, la sua Inter è forte».
Yamal è già da Pallone d’Oro?
«Se avesse vinto la Champions, magari sì. Ma lui è un talento avvantaggiato dalle regole del calcio moderno. A volte davvero penso a Maradona e a cosa avrebbe potuto fare con il VAR a tutelarlo».