Giovanni Di Lorenzo commenta il finale di stagione del Napoli

Giovanni Di Lorenzo commenta il finale di stagione del Napoli
Giovanni Di Lorenzo, capitano del Napoli, ha rilasciato una lunga intervista a Radio CRC.

Napoli, parola al capitano Di Lorenzo
“Sei anni a Napoli sono tanti e sono già passati, io qui sto bene con la mia famiglia ed è successo di tutto in sei anni. Due anni fa abbiamo vinto lo scudetto e mai avrei immaginato di essere capitano di un titolo come Maradona. Ogni giorno cerco di meritarmela e di rappresentare al meglio la società e la squadra.
Quando i nuovi giocatori mi chiamano, sono più io a muovermi verso di loro, per metterli a loro agio e farli inserire con un messaggio o una chiamata. Gli consiglio ciò che dissero a me all’arrivo, io penso che la cosa fondamentale sia vivere la città come una persona normale e non sentendosi diversi dagli altri. Io esco spesso in centro, scendo e non vivo male la città, anzi.
Fa parte del nostro lavoro essere al centro dei tifosi, io sono passato da Empoli a Napoli e all’inizio poteva spaventare la distanza o le pressioni diverse, ma sono cose a cui poi uno ci si abitua.
La gara di Lecce? Ci tengo a mandare un abbraccio alla famiglia del fisioterapista del Lecce, è stata una notizia che ci ha toccato. Il Lecce ha bisogno di punti e sarà una partita difficile, loro vogliono salvarsi e questa tragedia ha reso particolare tutto l’ambiente. Noi però vogliamo portare a casa la vittoria.
Conte? Il capitano è quello più vicino all’allenatore e fa passare i suoi messaggi alla squadra, fin dal primo giorno ho avuto un rapporto diretto, sincero, leale e onesto con lui. È alla base di un rapporto la sincerità, è un allenatore forte: conoscevo le sue qualità da avversario, l’ha confermato in questi mesi e siamo contenti di averlo con lui.
Il gruppo è la nostra forza? Alla base delle grandi vittorie e delle grandi squadre c’è un grande gruppo, se ci sono persone che si vogliono bene è fondamentale. Affronteremo difficoltà come già accaduto, ma dipende dalla reazione e da come si affrontano: se c’è un gruppo sano, è più facile superare i propri limiti.
Io Anguissa e Politano? Ci conosciamo bene da anni, sappiamo i movimenti da fare e leggiamo come si muove l’altro. Questa è una qualità che ci portiamo dietro da anni, poi è tutta la squadra che sta girando, anche chi gioca meno è fondamentale. Il merito è del mister che ci tiene tutti sulla corda, è un gruppo sano ed i risultati arrivano.
Leader dello spogliatoio? I più esperti devono esserlo, tutti devono sentirsi leader a modo proprio per rappresentare la squadra, la società, la città ed un popolo. Tutti devono essere leader, più o meno carismatici. Un nome? Lobotka parla poco ma in campo quando la palla pesa la cerca e non si nasconde. Ci sono leader tecnici e leader ognuno a modo suo. Lui si prende responsabilità in campo, poi magari non parla tantisismo ma è il primo a battagliare. Tanti ragazzi devono trascinare gli altri, a partire dai più esperti.
Match più complesso dell’anno? Togliendo la Coppa Italia direi la prima in casa col Bologna, anche per me è stato emozionante. L’estate è stata particolare per me, tornare a giocare al Maradona e segnare il primo gol è stato bello, come ritornare a com’era prima, all’amore per la città e per i tifosi. Emozionalmente è stata quella.
Cosa ho pensato quando è stato annunciato Conte? Leggevo durante l’Europeo, pensavo fosse l’allenatore giusto per noi e dopo dieci mesi lo confermo. Ho avuto un rapporto diretto e onesto col mister, mi ha subito trasmesso fiducia e stima, mi ha detto che aveva bisogno di me per ripartire e riportare il Napoli a competere in alto. Io avevo bisogno di lui così come tutta la squadra, ci ha riportati ad un livello importante in poco tempo ed è stato fenomenale.
I miei idoli? Da bambino vuoi sempre segnare, avevo il soprannome ‘Batigol’ perchè un dirigente della scuola calcio era tifoso della Fiorentina e di Batistuta. Però non ho un idolo a cui mi sono ispirato, adesso guardo i più forti nel mio ruolo e cerco di prendere qualcosa dagli altri.
Kvaratskhelia? Ieri sera ho visto Kvaratskhelia con il PSG, è un giocatore fortissimo e gli auguro il meglio: è un ragazzo a posto, gli auguro di vincere la Champions League.
Miglior terzino di tutti i tempi? Il miglior terzino della storia? Il calcio cambia velocemente, in ogni epoca c’è uno tra i più forti. Ultimamente il ruolo del terzino è quello più cambiato, gli allenatori chiedono di fare più cose e non solo di rimanere dietro l’attaccante sulla fascia. Tante volte i centrocampisti sono pressati ed i terzini sono i primi registi: ho cercato di migliorarmi in tanti aspetti, sono fortunato ad avere compagni che mi hanno aiutato.
Parliamo di scudetto nello spogliatoio? Sappiamo di essere ad un punto importante del campionato, ci giochiamo tutto per un obiettivo che sembrava irraggiungibile. Ma con il lavoro e con il sacrificio siamo lì e ce la giochiamo, sarà difficile e finora non abbiamo fatto niente. Ma è tutto nelle nostre mani e daremo il massimo per vedere dove arriveremo.
Quando abbiamo capito di poter lottare per il titolo? Non c’è stato un momento preciso, partita dopo partita sembrava una cosa lontana ma ci siamo messi lì a pensare a dare il massimo per la maglia e per i tifosi: ora siamo ad un punto dove dobbiamo fare l’ultimo passo, dobbiamo continuare a lottare come fatto in questi mesi. Non c’è però una partita precisa, anche se durante l’anno siamo stati spesso primi e quando sei primo per tanto tempo non è mai per caso, ma perchè te lo meriti. Il gruppo ha sempre pensato ad una partita per volta, ci crede e farà di tutto per raggiungere l’obiettivo.
Come immagino il mio futuro? Ancora lontano, però stiamo bene in questa città: le mie bambine sono napoletane a tutti gli effetti, ho comprato casa qui e sarò legato per sempre a Napoli, al popolo napoletano. Anche il murales visto poche settimane fa è qualcosa che resterà sempre della città, penso ad un futuro in cui le mie figlie vengono qui e vedono il murales: questa cosa mi emoziona”.