Tutti noi da piccoli abbiamo visto lo splendido “il Re Leone” targato Disney. Capolavoro indiscusso di animazione che ha segnato generazioni e che ha visto parecchi sequel e remake anche a distanza di decenni.
Nel film c’era quel luogo isolato, lontano, nelle ombre. “Lì dove non batte il sole”, come ripeteva papà Mufasa al piccolo Simba per farlo stare alla larga. Il cimitero degli elefanti. Luogo oscuro, vissuto da vecchie iene e da leoni in esilio, con tanti, tantissimi scheletri di pachidermi a fare da cornice e quadro al tutto.
Intorno, una savana splendente, solare, piena di luce e di vita. Ecco, facendo volare la fantasia che di questi tempi non guasta mai, il calcio europeo cavalca le praterie di quella savana mentre il calcio italiano è relegato a quel cimitero di elefanti. Al buio, al freddo, al passato. A quello che era, a quello che non sarà più.
I grandi calciatori che mettono piede in serie A al tramonto della carriera possono essere paragonati a quei leoni che un tempo erano temuti da tutti. Perché prima non possono, troppa differenza di soldi, di appeal, di visibilità. Soprattutto di competitività.
I soldi, appunto. Non solo quelli che entrano diretti nei conti correnti, ma anche quelli che fanno girare tutta la macchina. Il paragone è improponibile e dovrebbe, in uno stato serio, far almeno sorgere qualche domanda. Almeno. Invece nulla. Il solito affare all’italiana della barca che va e va lasciata andare di “bertiana” memoria.
Le infrastrutture degli altri sembrano venute dal futuro. Le guardi e ti chiedi se prima o poi almeno si possa fare qualcosa di minimamente paragonabile. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Oltre ai mondiali visti dal divano con conseguente perdita di visibilità e soldi (molti, moltissimi), quello che più colpisce è proprio la questione tecnica.
Nel campionato italiano Nico Paz del Como sembra un mix tra Garrincha e Crujiff. Infatti l’anno prossimo, al massimo due, lo vedremo destreggiarsi in altri campionati.
Il week end calcistico, escludendo le gare di stasera, ha visto la “bellezza” di 9 gol segnati in 9 partite.
Tra cui uno, il rigore decisivo per il Milan, che in altri campionati mai avrebbero fischiato. L’attaccante, Gimenez, sarebbe stato costretto ad alzarsi e andare via. Credibilità. Quella che manca dalla testa ai piedi e a tutti i livelli.
Non ci sarà nessun Simba che tornerà per mettere luce in una terra devastata e desolata. Ci esaltaremo per calciatori a fine carriera e ci lusingheremo per una vittoria di misura fatta con grinta e cuore. Altrove, questo sport aprirà altre strade. Ne scoverà di nuove. Darà spazio a ragazzi forti che sostituiranno chi si avvia alla fine del suo percorso professionale.
Percorso che continuerà in Italia. Nel cimitero degli elefanti. Dove le iene trovano i resti che chi è sazio lascia. Le carcasse, insomma.






