Di due partiti, quello di coloro che non seguono la corrente è di solito il migliore.
(Charles-Louis de Montesquieu)
Sinner è già oggi, a 24 anni non compiuti, universalmente riconosciuto come uno dei più grandi sportivi italiani di sempre. Non serve ricordarvi il motivo. Tuttavia, se le sue imprese sui campi da tennis – un’esperienza religiosa come amava definirlo il compianto Foster Wallace – sembrano più che esaustive per spiegare la sua grandezza, più sottili, ma non per questo meno degne di ammirazione, sono le scelte fuori dal campo che lo hanno portato a diventare così grande.
È notizia di ieri infatti che il tennista altoatesino ha deciso di riassumere nel suo team Umberto Ferrara, il suo ex preparatore atletico. Non sarebbe una notizia shock, se non fosse per un dettaglio tutt’altro che trascurabile: Ferrara era stato licenziato un anno fa proprio da Sinner in seguito al caso Clostebol, lo steroide anabolizzante vietato e che, secondo le ricostruzioni più attendibili (e legalmente riconosciute come vere) contaminò accidentalmente e in dosi minime il tennista durante un massaggio fisioterapico (il farmaco stesso era stato assunto dal fisioterapista Naldi che poi lo aveva trasferito a Jannik durante una seduta). Sinner, prima ancora della sentenza, decise per ragioni di opportunità, e anche per una fiducia probabilmente venuta a mancare, di interrompere la collaborazione con Naldi e, per responsabilità indiretta, anche appunto con Ferrara.
Sinner ha un solo obiettivo
Ma allora perché adesso lo ha riassunto?
Nessuno può saperlo con certezza, tranne ovviamente Sinner. Ciò che possiamo presumere è la risposta più lapalissiana di tutte: perché si fida di Ferrara e della sua buona fede e, passati i momenti caldi e tumultuosi, ragionando a freddo, lo ritiene non responsabile di ciò che è accaduto.
In realtà, tuttavia, non è questo ciò che davvero ci interessa, ma un altro aspetto: molte persone, la maggior parte probabilmente, sostiene che per motivi di opportunità sarebbe stato meglio non riannodare questo filo, per evitare che il partito dei sospetti, formato da coloro che ritengono Sinner “un dopato“, tornasse a farsi sentire fragorosamente.
Il punto però è proprio questo: a Sinner non interessa essere popolare. A Sinner interessa vincere.
Non prenderà mai una scelta perché è ciò che i suoi tifosi si aspettano. Piuttosto prende la scelta che con maggior probabilità gli regalerà un altro Slam. Nel rispetto delle regole, sia chiaro, perché – ribadiamolo – Sinner è stato riconosciuto essere stato innocente ed ha avuto una condanna di 3 mesi per la sola responsabilità oggettiva sulla negligenza dei suoi collaboratori.
Questa scelta coraggiosa di Sinner ci ricorda quanto andare controcorrente spesso sia la strada migliore per arrivare al risultato. Lo abbiamo capito sulla nostra pelle anche noi tifosi del Napoli: De Laurentiis ha dovuto sorbirsi anni e anni di critiche per il suo stare attento ai bilanci, accuse di papponismo, ha addirittura permesso la nascita di un vero e proprio movimento di pensiero (…) denominato A16, movimento all’interno del quale non faremmo fatica a vedere membro un certo tennista australiano.
C’è voluto tempo prima che questi strali venissero spazzati dai fatti, da due scudetti in tre anni e da una realtà che ora pone il Napoli davanti a tutte le altre big del calcio italiano. E forse non è stato un caso che gli anni più complessi del Napoli sono corrisposti proprio a quando De Laurentiis ha deciso di ragionare “da tifoso”, non vendendo al miglior offerente e subito alcuni calciatori (Osimhen, Kvaratskhelia, Allan).
Occorre dunque ricordare ed estendere ad altri sport il teorema Kolarov , il terzino serbo che durante una conferenza stampa anni fa affermò senza peli sulla lingua che “il tifoso di calcio ne capisce poco“?
Non è detto, quel che però appare certo è che prendere certe scelte non è da tutti, è da veri coraggiosi, ma spesso, sono proprio queste scelte – le più impopolari perché in apparenza inspiegabili – a risultare determinanti per le vittorie che verranno.






