La pessima figura di Eindhoven può diventare un abilitatore di forza e una spinta verso l’autostima. Ma solo se ci sarà stato lo spazio per incamerarla come lesson learned.
Il Napoli visto contro il PSV ha commesso grotteschi errori mixati tra collettivo ed individui, determinando nient’altro che la conseguenza ovvia di tutto questo.
Ecco il punto: 4 giorni basteranno per smaltire la tossicità accumulata? O rischiano di diventare un pericoloso ponte ancora in percorso? Lo scopriremo durante il big match di stasera, contro un’Inter in rampa di stampa, più sostenuta che mai, dopo una serie di vittorie contro squadre non esattamente irresistibili.
Antonio Conte ci ha abituati alle reazioni, almeno nelle logiche del Campionato. Perché non dimentichiamo che il Napoli olandese veniva già da una poco edificante sconfitta in terra sabauda.
Ma scindiamo le cose. E facciamo in modo che la serie A segua la sua consecutio, la Champions un iter parallelo.
È necessario dare un segnale e rappresentare un atto di forza, radunando le idee e non cedendo ai mugugni di quell’ambiente che riesce sistematicamente a destabilizzarsi alle prime difficoltà. Il Napoli deve provare a trovare la quadra muovendosi tra il cinismo dello scorso anno e i tentativi di proattività manifestati nell’inizio di questa stagione.
È innegabile che l’assetto tattico del nuovo corso punti su concetti di matrice non (storicamente) contiana, quali possesso sfinente e perimetro ristrettissimo… Ma va trovato il modo per tradurre in esplosione offensiva la grande mole di fumo che si accende sino alla trequarti.
Il Napoli è un musicita ispirato che poi va allo strumento e tira fuori una banalità
Gli azzurri rimandano a quel musicista ispirato da una buona idea nella testa, che poi va allo strumento e tira fuori una banalità. È come se mancasse la tappa degli appunti presi, quel momento di raccordo tra l’astrazione e la concretezza.
Il mister è chiamato a reinventarsi senza snaturarsi, visto che la sua caratteristica secolare richiama il senso pratico. Abbiamo apprezzato la velleità di diventare altro da sé, ma si deve riconoscere l’insistenza talebana in tempo utile.
Ci è parsa (per esempio) un’inspiegabile forzatura avvicendare Hojlund e Lucca senza modificare il quadro d’insieme. Così, fuori uno, dentro l’altro, esponendo il secondo alle angherie recondite di una platea che non aspetta altro.
Addirittura a Torino è passato alla manovra con Lang e Politano sulle fasce d’attacco solo quando in campo c’era Ambrosino, che logicamente non è stato in grado di capitalizzare i cross finalmente in opera.
Ma andiamo oltre. Orientiamoci sul concetto iniziale di “lesson learned”, ovvero dimostrare di aver capito cosa è successo. Nella fase degli esperimenti si cambia, non si rimane ancorati ad un pensiero solo perché fa paura voltarsi per il passo indietro. Sono esperimenti, appunto. Ricredersi è quel gesto dovuto di coraggio che traccia la svolta






