La notizia dell’ennesimo stop di Alessandro Buongiorno non dovrebbe più far notizia, e proprio questo è il problema. Il fortissimo centrale azzurro convive da mesi con ricadute muscolari: dalla scorsa primavera in poi, l’altalena tra rientri e nuovi fastidi lo ha costretto a più di una sosta ai box. L’estate ha portato con sé un passaggio in sala operatoria per l’inguine, scelta forse tardiva ma inevitabile per provare a spegnere la tendinopatia che lo affliggeva. Il risultato pratico, però, è stato uno: preparazione saltata e avvio di stagione a rincorrere la condizione.
Buongiorno non è di cristallo, ma nemmeno Ironman. E non è Di Lorenzo o Politano per continuità di impiego: il suo storico recente consiglia cautela. Alla luce di questo, un interrogativo nasce spontaneo: dopo le fatiche di Manchester, dopo per più di un’ora il Napoli è stato arroccato nella propria trequarti a difendere vista l’inferiorità numerica, era davvero necessario schierarlo titolare contro il Pisa? Con alle spalle sei mesi di sostanziale inattività, la gestione del minutaggio poteva (e forse doveva) seguire un percorso più graduale.
L’infortunio di Buongiorno era evitabile?
Antonio Conte, che pure punta in modo deciso sulla leadership del difensore, aveva a disposizione alternative già rodate. Il Napoli aveva lavorato in estate sulla coppia Juan Jesus – Sam Beukema, proprio per prevenire emergenze. È qui che la domanda si fa insistente: il desiderio di accelerare l’inserimento del numero 4 ha prevalso sulla prudenza? Nessuna accusa esplicita, ma la sequenza degli eventi suggerisce che la linea della massima conservazione avrebbe avuto più senso.
Inquadrare l’infortunio buongiorno dentro una logica di “rischio calcolato” è legittimo, ma richiede una strategia ferrea. Inserire un difensore reduce da un’operazione all’inguine e da una lunga inattività in un contesto di partite ad alta intensità pretende soglie di prudenza elevatissime: progressione di carico, dosaggio dei minuti, alternanza con profili già pronti. Vero: la presenza di Buongiorno, la sua lettura difensiva e l’uscita palla sono un plus irrinunciabile. Ma proprio per questo, preservarlo diventa un dovere tecnico oltre che medico. In questo quadro, lo staff tecnico – e Conte in primis – può rivendicare la necessità di cementare meccanismi, ma il calendario offriva un bivio: consolidare la coppia alternativa contro il Pisa e consegnare a Buongiorno qualche giorno in più per smaltire fatica, oppure accelerare il suo rientro nella catena titolare.
I fatti, ad oggi, mostrano il conto della seconda scelta. Se per esempio avesse riposato col Pisa, presentarsi a Milano contro il Milan con un difensore meno provato avrebbe avuto un senso logico: in caso di nuovo stop, nessuno avrebbe alzato il dito, e anzi la tesi della fragilità muscolare avrebbe trovato ulteriori riscontri oggettivi. Così, invece, resta l’impressione di un rischio francamente evitabile.

Poca fiducia per la coppia Juan Jesus-Beukema?
Con Amir Rrhamani out (ancora per poco), Conte avrebbe dovuto schierare la coppia Juan Jesus-Beukema col Pisa, una gara sulla carta gestibile. Rinunciando a Buongiorno, non avrebbe snaturato l’identità difensiva, né indebolito il messaggio di competitività. Avrebbe, semmai, rafforzato l’idea di un gruppo pronto a reggere l’urto delle rotazioni e a proteggere un patrimonio tecnico ed economico come Buongiorno sul medio periodo. Senza contare Luca Marianucci, titolare con la Nazionale Under 21 e praticamente mai presente in queste prime uscite del Napoli. Ma probabilmente, Conte non si è fidato troppo di una coppia di centrali testati per tutta la preparazione nei ritiri a Dimaro e Castel Di Sangro, ecco perché quindi ha costretto Buongiorno alla terza partita da titolare in appena 9 giorni, dopo sei mesi di stop.
Non serve un capo d’imputazione: basta la cronologia degli eventi per suggerire che un pizzico di prudenza in più fosse la via maestra. Proteggere un asset come Buongiorno significa accettare che, per qualche gara, la solidità difensiva passi anche dalla coppia Juan Jesus-Beukema, costruita proprio per questi frangenti. Anche perché il brasiliano, proprio lo scorso anno, si è sempre fatto trovare pronto quando chiamato in causa, senza affatto sfigurare.
Questa situazione poteva senz’altro essere gestita meglio, o forse non avrebbe cambiato alcunché. Tuttavia, addossare le colpa di questi ripetuti infortuni alla tenuta fisica di un calciatore, è un’analisi troppo superficiale e che merita di essere affrontata con i giusti argomenti.






