Napoli, la rivoluzione invisibile di Conte: dall’esplosività iniziale del primo anno alla gestione intelligente della stagione con le coppe
Il primo anno di Napoli: tutto da costruire
Quando Antonio Conte è arrivato a Napoli, l’estate scorsa, ha trovato una squadra da rifondare completamente: nuovo metodo, nuova mentalità, nuovi principi di gioco. E soprattutto, un solo impegno stagionale: il campionato. In questo scenario, il lavoro del suo fidato preparatore Costantino Coratti è stato decisivo. La priorità era una: costruire un’identità fisica e mentale coerente con il calcio di Conte, aggressivo, intenso, basato sulla velocità di reazione e sulla potenza nei duelli.
Primi mesi a Napoli: sprint ottimi, run inizialmente moderati, jog medio-alti
Nel primo anno, la preparazione atletica è stata impostata su un modello “neuromuscolare ad alta intensità”: sprint ad ottimi livelli per sviluppare esplosività e rapidità; run (corsa a ritmo medio-alto) non altissimi all’inizio, ma che da fine ottobre si sono stabilizzati verso livelli più elevati, per abituare il corpo ai cambi di ritmo e alle transizioni; jog (corsa leggera/ritmo moderato) a livelli medio-alti per costruire una base aerobica sufficiente senza sacrificare la potenza. Le settimane tipo contenevano carichi esplosivi nelle prime sedute, grande lavoro di forza e rapidità, e giorni di recupero profondo, resi possibili dall’assenza di coppe. L’obiettivo era duplice: adattare i giocatori al ritmo del calcio di Conte e imprimere identità e aggressività in ogni fase di gioco. Curiosamente, in questa prima fase di circa quattro mesi, anche gli infortuni muscolari sono stati pochissimi.
Perché con più sprint ci sono stati meno infortuni?
Può sembrare un paradosso, ma è una regola della fisiologia applicata al calcio d’élite. Quando un giocatore è esposto regolarmente a sprint, run moderati e lavori di potenza, il suo sistema muscolare: mantiene alta la rigidità ottimale (stiffness), migliora la coordinazione intermuscolare e diventa più efficiente nel gestire alte velocità. In pratica: un muscolo allenato alla velocità è un muscolo protetto. La frequenza degli sprint mantiene il corpo reattivo e riduce il rischio di lesioni durante le azioni esplosive in partita.
Da dicembre in poi: meno sprint e jog, più run
Dopo i primi quattro mesi, con la squadra ormai “imprintingata” nel metodo Conte, lo staff ha progressivamente modificato il carico: gli sprint e il jog sono diminuiti, mentre sono aumentati i lavori di corsa continua (run), gli esercizi aerobici di mantenimento e le sedute di controllo e rigenerazione. Questa scelta mirava a stabilizzare la condizione, ridurre il rischio di sovraccarico e prepararsi a una stagione lunga e lineare. Come spesso accade, però, il calo degli sprint ha coinciso con un aumento degli infortuni muscolari: diversi giocatori hanno iniziato a fermarsi per lesioni lievi o moderate.
Perché sono aumentati gli infortuni del Napoli quando gli sprint sono diminuiti?
La spiegazione è tecnica ma semplice: meno sprint significa minore tolleranza alla velocità. Il corpo perde la capacità di gestire tensioni elevate se non le “prova” regolarmente. L’aumento dei run comporta più fatica periferica: la corsa continua riduce la freschezza neuromuscolare e peggiora la coordinazione fine. Da considerare anche fattori esterni come calendario e freddo: da dicembre in poi, condizioni ambientali e accumulo di stress fisico aumentano il rischio di stiramenti e microtraumi. Il risultato è una curva classica: meno infortuni nella fase esplosiva, più infortuni nella fase aerobica.
Il secondo anno a Napoli: cambiano gli obiettivi
Con l’arrivo della seconda stagione, il contesto si è completamente ribaltato. Il Napoli di Conte, con un anno di base già alle spalle e ora impegnato su più fronti (campionato, Champions, Coppa Italia, Supercoppa), deve affrontare una densità di partite completamente nuova. Per questo motivo, Conte e Coratti hanno impostato la preparazione in modo opposto rispetto all’anno precedente: corsa in run più intensa rispetto all’inizio dello scorso anno; jog a livelli medi, per mantenere una base aerobica equilibrata; sprint in crescita partita dopo partita, per riadattare gradualmente i muscoli alla velocità massimale. L’obiettivo non è più “partire fortissimo”, ma “durare fortissimo”: costruire una condizione che regga fino a maggio, senza picchi e crolli. L’aumento strategico degli sprint non solo prepara fisicamente la squadra, ma contribuisce anche a migliorare complessivamente le prestazioni, rendendo il Napoli più competitivo nei momenti decisivi della stagione.
Perché è normale avere qualche infortunio all’inizio per i calciatori del Napoli
È fisiologico che nelle prime 7–8 partite della nuova stagione siano arrivati alcuni stop muscolari. I motivi principali: il corpo viene da una fase con meno sprint e meno esposizione alla velocità; le prime partite impongono subito ritmi massimali. La stagione è lunga, e lo staff accetta consapevolmente qualche piccolo infortunio iniziale pur di avere una squadra più equilibrata e resistente sul medio periodo.
La logica del carico distribuito
Il segreto di Costantino Coratti è la gestione dinamica del carico. In una stagione fitta di impegni, l’allenamento serve a mantenere tono, forza e ritmo, e la partita stessa diventa il principale stimolo di intensità. Gli sprint non scompaiono: vengono microdosati, inseriti come richiami costanti per mantenere l’efficienza neuromuscolare. È un metodo di “intensità distribuita”, che guarda alla durata della performance, non al picco. Il Napoli di Conte punta non solo a essere brillante, ma a esserlo per dieci mesi, con continuità e senza crolli fisici. Il primo anno ha costruito il motore; il secondo insegna a non bruciare benzina troppo presto, modulando jog, run e sprint in base alla base fisica già acquisita e agli impegni stagionali.







