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Il Napoli di Conte: perché gli infortuni non devono preoccupare

Spud di Spud
15 Ottobre 2025
in Editoriali, Focus
Tempo di Lettura: 4 min
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Il tecnico del Napoli, Conte, mentre bacia lo scudetto appena vinto

Antonio Conte

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Napoli, la rivoluzione invisibile di Conte: dall’esplosività iniziale del primo anno alla gestione intelligente della stagione con le coppe

Come Antonio Conte e il preparatore Costantino Coratti hanno modulato la preparazione fisica del Napoli tra il primo e il secondo anno, spiegando anche perché i piccoli infortuni muscolari di inizio stagione sono fisiologici e non un segnale d’allarme.

Il preparatore atletico del Napoli, il signor Costantino Coratti

Il primo anno di Napoli: tutto da costruire

Quando Antonio Conte è arrivato a Napoli, l’estate scorsa, ha trovato una squadra da rifondare completamente: nuovo metodo, nuova mentalità, nuovi principi di gioco. E soprattutto, un solo impegno stagionale: il campionato. In questo scenario, il lavoro del suo fidato preparatore Costantino Coratti è stato decisivo. La priorità era una: costruire un’identità fisica e mentale coerente con il calcio di Conte, aggressivo, intenso, basato sulla velocità di reazione e sulla potenza nei duelli.

Primi mesi a Napoli: sprint ottimi, run inizialmente moderati, jog medio-alti

Nel primo anno, la preparazione atletica è stata impostata su un modello “neuromuscolare ad alta intensità”: sprint ad ottimi livelli per sviluppare esplosività e rapidità; run (corsa a ritmo medio-alto) non altissimi all’inizio, ma che da fine ottobre si sono stabilizzati verso livelli più elevati, per abituare il corpo ai cambi di ritmo e alle transizioni; jog (corsa leggera/ritmo moderato) a livelli medio-alti per costruire una base aerobica sufficiente senza sacrificare la potenza. Le settimane tipo contenevano carichi esplosivi nelle prime sedute, grande lavoro di forza e rapidità, e giorni di recupero profondo, resi possibili dall’assenza di coppe. L’obiettivo era duplice: adattare i giocatori al ritmo del calcio di Conte e imprimere identità e aggressività in ogni fase di gioco. Curiosamente, in questa prima fase di circa quattro mesi, anche gli infortuni muscolari sono stati pochissimi.

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Perché con più sprint ci sono stati meno infortuni?

Può sembrare un paradosso, ma è una regola della fisiologia applicata al calcio d’élite. Quando un giocatore è esposto regolarmente a sprint, run moderati e lavori di potenza, il suo sistema muscolare: mantiene alta la rigidità ottimale (stiffness), migliora la coordinazione intermuscolare e diventa più efficiente nel gestire alte velocità. In pratica: un muscolo allenato alla velocità è un muscolo protetto. La frequenza degli sprint mantiene il corpo reattivo e riduce il rischio di lesioni durante le azioni esplosive in partita.

Da dicembre in poi: meno sprint e jog, più run

Dopo i primi quattro mesi, con la squadra ormai “imprintingata” nel metodo Conte, lo staff ha progressivamente modificato il carico: gli sprint e il jog sono diminuiti, mentre sono aumentati i lavori di corsa continua (run), gli esercizi aerobici di mantenimento e le sedute di controllo e rigenerazione. Questa scelta mirava a stabilizzare la condizione, ridurre il rischio di sovraccarico e prepararsi a una stagione lunga e lineare. Come spesso accade, però, il calo degli sprint ha coinciso con un aumento degli infortuni muscolari: diversi giocatori hanno iniziato a fermarsi per lesioni lievi o moderate.

Perché sono aumentati gli infortuni del Napoli quando gli sprint sono diminuiti?

La spiegazione è tecnica ma semplice: meno sprint significa minore tolleranza alla velocità. Il corpo perde la capacità di gestire tensioni elevate se non le “prova” regolarmente. L’aumento dei run comporta più fatica periferica: la corsa continua riduce la freschezza neuromuscolare e peggiora la coordinazione fine. Da considerare anche fattori esterni come calendario e freddo: da dicembre in poi, condizioni ambientali e accumulo di stress fisico aumentano il rischio di stiramenti e microtraumi. Il risultato è una curva classica: meno infortuni nella fase esplosiva, più infortuni nella fase aerobica.

Il secondo anno a Napoli: cambiano gli obiettivi

Con l’arrivo della seconda stagione, il contesto si è completamente ribaltato. Il Napoli di Conte, con un anno di base già alle spalle e ora impegnato su più fronti (campionato, Champions, Coppa Italia, Supercoppa), deve affrontare una densità di partite completamente nuova. Per questo motivo, Conte e Coratti hanno impostato la preparazione in modo opposto rispetto all’anno precedente: corsa in run più intensa rispetto all’inizio dello scorso anno; jog a livelli medi, per mantenere una base aerobica equilibrata; sprint in crescita partita dopo partita, per riadattare gradualmente i muscoli alla velocità massimale. L’obiettivo non è più “partire fortissimo”, ma “durare fortissimo”: costruire una condizione che regga fino a maggio, senza picchi e crolli. L’aumento strategico degli sprint non solo prepara fisicamente la squadra, ma contribuisce anche a migliorare complessivamente le prestazioni, rendendo il Napoli più competitivo nei momenti decisivi della stagione.

Perché è normale avere qualche infortunio all’inizio per i calciatori del Napoli

È fisiologico che nelle prime 7–8 partite della nuova stagione siano arrivati alcuni stop muscolari. I motivi principali: il corpo viene da una fase con meno sprint e meno esposizione alla velocità; le prime partite impongono subito ritmi massimali. La stagione è lunga, e lo staff accetta consapevolmente qualche piccolo infortunio iniziale pur di avere una squadra più equilibrata e resistente sul medio periodo.

La logica del carico distribuito

Il segreto di Costantino Coratti è la gestione dinamica del carico. In una stagione fitta di impegni, l’allenamento serve a mantenere tono, forza e ritmo, e la partita stessa diventa il principale stimolo di intensità. Gli sprint non scompaiono: vengono microdosati, inseriti come richiami costanti per mantenere l’efficienza neuromuscolare. È un metodo di “intensità distribuita”, che guarda alla durata della performance, non al picco. Il Napoli di Conte punta non solo a essere brillante, ma a esserlo per dieci mesi, con continuità e senza crolli fisici. Il primo anno ha costruito il motore; il secondo insegna a non bruciare benzina troppo presto, modulando jog, run e sprint in base alla base fisica già acquisita e agli impegni stagionali.

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