Luciano Spalletti è tornato a parlare.
Dopo pochi mesi dalla sua oscena esperienza con la nazionale italiana.
Ovviamente ha (ri)parlato del Napoli e del suo rapporto con il presidente Aurelio De Laurentiis. Croce e delizia, o meglio delizia e croce, forse di tutta la sua bellissima carriera.
Perché è fuori da ogni dubbio che il biennio napoletano di Spalletti sia stato il punto più alto della sua storia da allenatore, ma anche quello più difficile sotto l’aspetto umano. Almeno a detta sua.
Ma le parole di ieri, dette in occasione del Festival dello Sport di Trento, suonano come una sorta di rimpianto, vista la figura del presidente così ad un certo punto ingombrante per una personalità come la sua. Anche se c’è da dire che forse l’ex tecnico nazionale non ha tutti i torti. Anzi.
Vedere la clamorosa disparità di trattamento tra lui e Antonio Conte deve essere stata devastante per lui.
Il biennio d’oro e il divorzio amaro
Spalletti il primo anno di Napoli arriva al terzo posto, tornando in Champions dopo 2 anni di assenza e soprattutto giocandosi lo scudetto fino a poche giornate dalla fine del campionato, vinto poi dal Milan di Stefano Pioli.
Quello che avvenne dopo lo ricordano tutti: cessione dello zoccolo duro, abbassamento dell’età media, acquisti prospettici e Victor Osimhen al centro del progetto.
Le griglie davano il Napoli addirittura fuori dalle prime 6.
Il risultato fu eccezionale: campionato dominato, vinto ad inizio maggio ma virtualmente a gennaio, storici quarti di finale di Champions League per la prima volta nella storia e una rosa che vide lievitare il suo valore vertiginosamente.
Ma Spalletti, come confermato tra le altre cose, non accettò mai la frase ormai passata agli annali: “questa squadra la può allenare chiunque”.
Così come la famosa Pec inviata forse per vietare al tecnico di accordarsi con qualche altro club in giro per l’Italia (la Juventus insieme a Cristiano Giuntoli?).
Tutti ricordano l’anno successivo forse allo stesso modo di quello precedente: decimo posto e città sull’orlo di una crisi di nervi.
Poi Conte, ed il resto è storia.
De Laurentiis tra Spalletti e Conte
Soprattutto quella frase che il patron urlò in faccia al salentino, ripresa dalle attente telecamere al triplice fischio di Napoli-Cagliari, che consegnò il 4° scudetto agli azzurri e il secondo della gestione De Laurentiis:
“Bravo, bravo, senza di te non ci sarebbe mai stata la possibilità”.
Come è possibile questa disparità di trattamento tra Spalletti e Conte dal punto di vista di De Laurentiis? Ma soprattutto nelle sue azioni?
Eppure Spalletti è stato un allenatore “ideale” per il Napoli: ha vinto con un calcio straordinario, ha dettato legge in Europa (perdendo i quarti anche per via degli infortuni), ha valorizzato ogni giocatore, lasciando un club dal valore tecnico ed economico nettamente superiore.
Conte invece, seppur fortissimo, è un allenatore non in linea con i canoni napoletani, almeno d’impatto. Si è visto dalla faraonica campagna acquisti, dal fatto che mai le ha mandate a dire (anche quest’anno dopo Napoli-Pisa, pur senza necessità) e che mai nella vita avrebbe accettato un esterno della Dinamo Batumi di 20 anni o un difensore del Fenerbahce al posto di due colonne storiche.
Eppure, qualcosa è cambiato.
Forse è l’affinità caratteriale forte con Conte e precaria con Spalletti?
Come è possibile che il tecnico di Certaldo, nonostante un capolavoro epico, non sia stato valorizzato da De Laurentiis né nelle azioni né nelle parole?
Mentre per Conte ha fatto follie, sopportando uscite che fino a poco tempo prima mai avrebbe accettato?
Ha semplicemente, uomo intelligente ed astuto qual è, imparato dagli errori commessi?
Forse non sapremo mai la verità.
Oppure forse la capiremo dovesse il Napoli targato Conte non fare bene in Champions League?
Sicuramente continueremo ad ascoltare gli ormai periodici rimpianti di Spalletti e a porci le stesse domande.
Rimpianti leciti, ci mancherebbe altro, ma che ormai sono divenuti anche troppo inflazionati.
Resta comunque ben fotografata la differenza tra i due agli occhi di De Laurentiis, nonostante la bilancia, in generale, penda ancora verso Spalletti.






